La Slovenia accelera sulla difesa: nasce la holding statale Dovos
L’opposizione attacca: «Macchina da soldi per pochi e possibilefurto del secolo»

I tempi sono cupi, con la guerra in Ucraina che non accenna a spegnersi, le tensioni sul confine orientale di Ue e Nato che crescono e una profonda instabilità che si sta allargando, anche nei vicini Balcani ancora fuori dal club europeo.
E allora appare quasi naturale che perfino un Paese piccolo, ma membro Ue e Nato come la Slovenia, lavori con sempre maggior impegno per non farsi trovare impreparato sul fronte della difesa e della sicurezza nazionale. Ma le polemiche non mancano, davanti alla decisione di Lubiana di accelerare verso il potenziamento della sua industria della difesa.
Segnali in questo senso erano arrivati già in primavera, ma ora c’è anche l’ufficialità. Coincide con la nascita della cosiddetta Dovos, una impresa a controllo statale – per la precisione della Slovenian Sovereign Holding (Ssh) – che si occuperà proprio di rafforzare l’industria bellica nazionale, anche facilitando l’afflusso nelle sue casse dei sostanziosi fondi per la difesa evocati dalla Commissione europea.
Ed è stata proprio la Ssh, colosso che possiede il più grosso portafoglio di asset pubblici in Slovenia e controlla gli interessi della proprietà statale in decine di aziende, ad annunciare la nascita di Dovos, acronimo delle parole slovene “difesa, sicurezza, resilienza”.
Il “parto” va letto, ha precisato la holding, come una «risposta al cambio di panorama della sicurezza» e alla «necessità di rafforzare la credibilità» e il funzionamento «del sistema di difesa nazionale».
Leggi, Lubiana intende «mantenere i soldi in casa», aumentando gli investimenti in imprese locali specializzate nel comparto militare, aiutando quelle più piccole a integrarsi nel settore industriale militare globale, ha spiegato il segretario di Stato alla Difesa, Marko Lovše.
Non tragga in inganno il capitale iniziale della Dovos, solo tre milioni di euro, che salirà a seconda delle necessità di investimento, ha precisato l’agenzia di stampa slovena, Sta. Gli obiettivi infatti sono assai ambiziosi e prevedono investimenti futuri anche in settori avanzati come robotica ad alta tecnologia, sistemi di arma automatici e pure alleanze strategiche con colossi dell’industria bellica europea: uno dei nomi circolati nei mesi passati è stato quello del gigante Rheinmetall.
Non è finita. La Dovos, infatti, entrerà a partecipazione diretta in aziende slovene del settore difesa e sicurezza, per «rafforzare la catena di fornitura di prodotti strategici», ha informato la Sta. Importanti anche i nomi piazzati alla testa del nuovo soggetto. Per il consiglio di supervisione è entrato, com’era nelle attese, Damir Črnčec, ex segretario alla Difesa, passato a febbraio alla Ssh.
Tutto bene? Non proprio, perché la discussione si fa aspra. Su Črnčec, già in primavera, Nuova Slovenia (opposizione) aveva espresso critiche a proposito del suo possibile coinvolgimento nel progetto strategico. Ora, dopo che la Dovos ha scoperto le sue carte, il quadro si complica.
Per la Dovos ci saranno «meccanismi di salvaguardia» e controlli incrociati, ha assicurato la Ssh, rispondendo a critiche circolate a Lubiana sul fatto che Dovos potrebbe occuparsi di forniture all’esercito, bypassando il ministero competente.
Ancora più duro Anže Logar (Democratici), che ha descritto la nuova impresa come «una potenziale macchina da soldi per pochi» e occasione per un possibile «furto del secolo». E per questo il Parlamento dovrebbe vigilare, ha rincarato. —
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