«Destabilizzare i Balcani»: think tank Usa in allarme per la strategia di Mosca
Report Isw sulle ragioni del sostegno russo a Dodik in Bosnia e Vučić in Serbia: «Vogliono precipitare l’area nel caos, dividere l’Europa e distrarla dall’Ucraina»

Non solo innocui abboccamenti e pubblico sostegno a leader amici in difficoltà, come il serbo-bosniaco Milorad Dodik. Mosca avrebbe invece un piano preciso: soffiare sul fuoco di crisi che già agitano i Balcani per destabilizzare la regione, distraendo così l’Occidente da quanto avviene in Ucraina.
L’allarme arriva da fonte più che autorevole, l’Institute for the Study of War, think tank con legami molto stretti con il complesso militare-industriale negli Usa, divenuto celebre dopo l’aggressione russa all’Ucraina per le sue analisi praticamente quotidiane sullo stato delle cose sui campi di battaglia, ma anche sulle mosse più o meno segrete di Mosca nell’agone geopolitico internazionale.
La Russia, sostiene l’Isw, avrebbe piani precisi e tali da rompere il vacillante equilibrio della regione balcanica, ovvero quello di aprire un secondo fronte di instabilità – o peggio – nel cuore dell’Europa. Si legge così in uno degli ultimi “assessment” dell’Istituto con quartier generale a Washington. Rapporto, quello dell’Isw, che segnala infatti come il Cremlino si starebbe adoperando nel «destabilizzare i Balcani» e soprattutto per «smantellare gli accordi di Dayton del 1995».
Proprio quelli che posero fine alla terribile guerra in Bosnia-Erzegovina, gettando le basi della complessa struttura politica e istituzionale messa già in crisi, da mesi, dalle ben note mosse di Dodik. La riprova sarebbe l’incontro del 9 settembre a Mosca tra il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, e Dodik, il cui mandato da presidente serbo-bosniaco è stato revocato dopo la conferma della condanna e dell’interdizione dai pubblici uffici per “disubbidienza” alle decisioni e all’autorità dell’Alto rappresentante, Christian Schmidt.
Lavrov, ha ricordato l’Isw, nell’occasione ha attaccato l’Occidente per i suoi «tentativi» di rimuovere «leader serbi dal potere», di fatto sostenendo a spada tratta Dodik e il referendum auto-confermativo, in programma a ottobre. «L’Occidente non ama i referendum», ha detto ironicamente Lavrov, compiacendosi con Dodik per un’iniziativa che rischia di far deflagrare il Paese balcanico e paragonando in maniera esplicita la consultazione con il «trasparente» referendum organizzato in Crimea sull’annessione alla Russia. Non è finita. Lavrov ha affermato anche che distruggere il «consenso» interno su cui si fonda la Bosnia contemporanea è un «invito a un’altra guerra nei Balcani».
Secondo l’Isw, inoltre, non sarebbe stato un caso che Lavrov e Dodik si siano incontrati «lo stesso giorno della massiccia incursione di droni nello spazio aereo polacco», da leggere come «un test all’unità di Ue e Nato». Lo stesso starebbe facendo Mosca “usando” la Republika Srpska come «leva» per «influenzare ulteriormente i Balcani». Obiettivo: «creare divisioni in Europa» e, da ultimo, «far precipitare nel caos i Balcani». E tutto sarebbe parte di una «più ampia campagna per dividere e distrarre l’Europa».
Ma la longa manus di Mosca potrebbe non essere interessata solo alla Bosnia. Lo suggerisce un controverso documento dell’intelligence di Mosca, l’Svr, secondo cui le proteste in corso in Serbia sarebbero «il prodotto di attività sovversive» messe in atto sotto copertura dalla Ue. L’obiettivo sarebbe quello di rovesciare Vučić, vicino a Mosca e Pechino, per far salire al potere una «leadership obbediente» verso l’Occidente. E tutto sarebbe pronto per la spallata, il primo novembre, anniversario della tragedia di Novi Sad, quando a Belgrado, segretamente, si starebbe preparando una «Maidan serba». E Vučić, ulteriore riavvicinamento a Mosca, ha ringraziato pubblicamente per la presunta dritta. —
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