L’influenza della Cina perde il suo smalto nei Paesi dei Balcani
Secondo il China Index solo Serbia e Bosnia guardano a Pechino. Peso ridotto in Romania e Bulgaria, nullo in Albania e Montenegro

La Cina fa la voce grossa e inquieta l’Europa, attirando nella sua sfera di dominio anche leader europei come lo slovacco Fico, il serbo Vučić e il ministro degli Esteri magiaro Szijjarto, ospiti a Pechino alla recente mega-parata militare per la vittoria nella Seconda guerra mondiale. Ma i tentativi cinesi di espandere la propria influenza nell’Europa centro-orientale e soprattutto nei Balcani, a forza di investimenti e prestiti, sembra aver subito una significativa battuta d’arresto.

È quanto sostengono osservatori autorevoli come il Doublethink Lab (centro studi specializzato nell’analizzare le influenze cinesi nel mondo, in economia, politica, nella società, nei media e nel mondo accademico) e il centro di ricerca China in the World (Citw). Doublethink e Citw che hanno reso pubblico il loro ultimo rapporto, il cosiddetto “China Index”, primo studio del genere che analizza l’impatto della presenza di Pechino in 101 Paesi in tutto il mondo, stilando anche una classifica delle nazioni più esposte alla longa manus del Dragone.
L’indice, si legge sul portale ufficiale dell’iniziativa, sviscera «l’influenza della Cina nel mondo accademico, in politica interna, economia, politica estera, sistema giudiziario, media, forze armate, società e tecnologia», arrivando a sviluppare un punteggio che riflette il peso di Pechino in questi settori.
Dopo la prima edizione del 2022, la nuova edizione dell’Index ha svelato i dati relativi al 2024, permettendo per la prima volta «di fare dei confronti nel tempo in maniera sistematica», per capire quali Stati e società si stanno dimostrando «più resistenti» alle sirene di Pechino e quali meno, ha spiegato Tim Navan, numero due di Doublethink Lab. E sono numeri e fatti interessanti, quelli contenuti nello studio, perché suggeriscono che la Cina – spesso descritta come il convitato di pietra più perturbante nella regione, dopo la Russia – avrebbe perso smalto nei Balcani e nell’Est Europa, a causa di dubbi crescenti sui reali benefici degli investimenti cinesi che cominciano a circolare nell’opinione pubblica.
L’influenza cinese rimane forte – ma stabile – in Serbia, il Paese della regione più in alto nella classifica del China Index (34esima), con Belgrado e Pechino che continuano a lavorare per rafforzare la già profonda cooperazione sul fronte «dell’economia», ma anche su quello «della difesa», leggi nuovi armamenti per la Serbia, spiega lo studio.
Dopo la Serbia, si piazza la Bulgaria, 45esima (ma era al 36esimo posto nel 2022), malgrado l’accelerazione dei tentativi di «soft power» messi in atto da Pechino per attirarsi i favori dell’opinione pubblica, mentre pesano «la limitata presenza economica» di aziende cinesi e «l’assenza di cooperazione sulla difesa».
In controtendenza, solo la Bosnia-Erzegovina, salita dal 70esimo al 54esimo posto in classifica, in particolare per «i significativi investimenti in progetti infrastrutturali» in Republika Srpska, ma soprattutto grazie alla «partnership strategica» tra Pechino e l’Snsd di Dodik, controversi abboccamenti che preoccupano, alla luce della crisi che sta destabilizzando il Paese.
Le influenze di Pechino sono invece in calo significativo in Romania, (72esima, era 53esima nel 2022), in Grecia (77esima, ha perso otto posizioni). E soprattutto in tre Paesi balcanici che nutrono sincere aspirazioni europeistiche. Sono Montenegro, Macedonia del Nord e Albania, che sono situati in fondo al ranking del China Index, dimostrandosi i tre Paesi al mondo meno sensibili all’influenza di Pechino. —
Riproduzione riservata © il Nord Est