Proteste in Serbia, Vučić invita i contestatori a un confronto televisivo

Il presidente serbo a studenti e “blokaderi” da mesi in piazza: «Pronto al dialogo». Fredde le risposte dalle facoltà occupate: «Disponibili quando indirà le elezioni»

Stefano Giantin
Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić
Il presidente della Serbia, Aleksandar Vučić

Una mano tesa, da leggere come un invito inaspettato al dialogo, oppure come una sfida all’Ok Corral, per far decidere al popolo chi ha ragione. Di certo, si tratta di un’offerta clamorosa, politicamente intelligente e allo stesso tempo forse tardiva, destinata a far discutere. È quella messa sul tavolo dal presidente serbo Aleksandar Vučić, assediato da nove mesi di proteste di piazza di studenti e cittadini e da una rabbia popolare che non accenna a placarsi.

Come farla cessare? La via è stata suggerita dal gabinetto di Vučić, che ha annunciato in una nota che il leader serbo «ha invitato a un dibattito davanti a tutte le telecamere» delle televisioni nazionali «i rappresentanti» del movimento di protesta, studenti e “blokaderi”, il dispregiativo usato dalle élite al potere a Belgrado per schernire il blocco anti-governativo. Maggiori dettagli sono arrivati subito dopo dallo stesso Vučić, attraverso il suo seguitissimo profilo Instagram. L’invito alla disfida in Tv è reale, perché «la Serbia deve risolvere i problemi attraverso il dialogo democratico e non con la violenza».

«Chiamo i rappresentanti del blocco dei “blokaderi” a un dibattito pubblico sulle visioni» politiche, a «discutere dei nostri piani e programmi per il futuro» e a «condannare insieme la violenza nelle nostre strade». «Malgrado pensi male delle loro richieste, ritengo sia importante ascoltarle» e che «ci si ascolti reciprocamente», ha detto Vučić, che ha aggiunto che «non ci serve una guerra civile». Sfida che dovrebbe andare in scena «su tutte le nostre televisioni», in diretta.

Da una parte, l’odiatissimo – dagli studenti e dagli indignados – leader serbo, dall’altra «i legittimi rappresentanti» della parte opposta, anche tre o quattro. «Sono pronto ad ascoltarli, a cercare di trovare una soluzione per il nostro Paese», perché è «tempo che si mostrino le facce, così che i cittadini possano decidere quale visione è la migliore per il futuro della Serbia». Poi, una mezza autocritica, con Vučić che ha ammesso di aver forse sottovalutato la piazza e di non aver ascoltato le sue richieste, «un mio errore», ha riconosciuto. «Questa è la mia offerta, più che giusta», la chiosa di Vučić.

Offerta-bomba che, tuttavia, appare tardiva, difficilmente accettabile dall’altra parte. Lo hanno suggerito le prime reazioni degli studenti, arrivate via profili social delle facoltà occupate. «Il presidente ci chiama a un dibattito pubblico, evidentemente non ha risposte alla sollevazione popolare e invita al dialogo, noi, chiamati da mesi terroristi», la replica dei “Filozofi u blokadi”. Che hanno aggiunto che un’offerta del genere sarà considerata accettabile solo «in campagna elettorale, quando indirà le elezioni» anticipate richieste dalla piazza. È «come se un nostro collega avesse invitato Megan Fox a cena, la forza dell’offerta è uguale ed è più probabile che Megan accetti» piuttosto che gli studenti, la risposta della Facoltà di arti drammatiche.

«Da mesi sul tavolo ci sono richieste concrete degli studenti, dall’altra le botte e le minacce, spazio per il dibattito ci può essere solo durante la campagna elettorale», hanno fatto eco gli studenti di elettrotecnica dell’Università di Nis, mentre altri hanno invitato Vučić solamente a «indire le elezioni» e ricordato che in Serbia «non c’è un dibattito da 13 anni». Da quando c’è lui al potere. È vero. Era il lontanissimo maggio 2012 e in Tv si sfidarono in un duello politico Vučić, l’allora leader dei Democratici, Dragan Djilas, e il politico Čedomir Jovanović. Si era alla vigilia delle presidenziali e delle parlamentari, quelle che videro l’ascesa al potere dell’Sns, un’era geologica fa. Che per ora dura ancora. 

Riproduzione riservata © il Nord Est