Focolai di peste suina africana in Croazia, Serbia e Bosnia
Aumentano le zone rosse. Il ministero di Zagabria: «Massima attenzione». Contro l’Asf, che non è pericolosa per l’uomo, non esistono farmaci o vaccini

Uno spettro torna ad aggirarsi nei Balcani, facendo tremare un comparto-chiave per le economie locali. Spettro che risponde al nome di “peste suina africana” (Asf), malattia incurabile per i suini che potrebbe nuocere fortemente, dalla Croazia alla Serbia, passando per la Bosnia-Erzegovina, a Paesi a forte vocazione agricola e con migliaia di allevamenti di maiali disseminati sul territorio.
Peste che si è infatti manifestata di nuovo, in svariate aree della regione, come nell’Est della Croazia, una delle “locomotive” dell’agricoltura e dell’allevamento nel Paese Ue, con le Tv nazionali che hanno trasmesso le allarmanti immagini di fattorie bonificate da addetti bardati da capo a piedi con tute bianche e mascherine, armati di strumenti per la disinfestazione dopo la soppressione dei capi ammalati o sospettati di infezione.
Croazia dove già a inizio luglio la peste suina ha fatto la sua comparsa in cinque allevamenti nell’area di Vukovar, dove «sono stati eliminati 1.300 maiali», hanno spiegato funzionari del ministero dell’Agricoltura di Zagabria. Ma nella Croazia orientale – nel Paese l’allevamento di suini pesa intorno all’1-3% del pil – il numero dei focolai è nel frattempo cresciuto, con altre quattro “zone rosse” non lontano da Osijek, facendo salire a quasi 1.700 il numero dei capi da abbattere, nulla in confronto ad altri anni orribili, come il 2023, ma il timore è che l’epidemia sia solo all’inizio. Zagabria ha così ripetuto gli appelli agli allevatori, tenuto conto anche del carattere «stagionale» della peste – che è più virulenta nei mesi estivi – a «segnalare urgentemente ai veterinari qualsiasi cambiamento nel comportamento» dei suini o «segni clinici di malattia» e decessi improvvisi.
Le preoccupazioni s’intensificano anche in Serbia, dove già a metà luglio sono stati identificati i primi focolai di Asf nelle regioni della Bačka occidentale e della Mačva, con centinaia di suini da eliminare, perché per la peste suina africana, non pericolosa per l’uomo, non ci sono farmaci o vaccini. «Hanno iniziato a barcollare, non camminavano più in modo stabile, ci sono stati dei decessi, è arrivato il veterinario e ha certificato la peste», ha raccontato l’allevatrice Marina Jurišić, attiva in una delle aree ora a rischio. «Va notato e ribadito che siamo nel periodo delle vacanze, quando il numero di turisti in transito è in aumento e ricordiamo che il principale vettore di questo virus, oltre agli animali infetti, è l’uomo», ha ricordato da parte sua il segretario dell’Associazione serba degli allevatori presso la Camera di commercio nazionale, Nenad Budimović.
Non sono infatti solo il contatto tra suini e cinghiali infettati e il commercio illegale di animali a veicolare la Asf, bensì «il virus può essere trasmesso attraverso vestiti, scarpe, cibo, roditori e mangimi», ha spiegato Budimović, aggiungendo che anche le condizioni meteorologiche – come la terribile ondata di calore sulla regione – influiscono sulla comparsa della malattia e sulla sopravvivenza del virus nella popolazione suina. Questo perché, con le alte temperature, gli animali sono in uno stato di stress e la resistenza dell’organismo si riduce e la suscettibilità al virus aumenta, ha spiegato l’esperto. Ma Serbia e Croazia non sono sole. Focolai di Asf sono stati segnalati nei suini domestici anche in Bosnia-Erzegovina e pure in diverse parti della Romania, secondo dati elaborati dall’Agenzia austriaca per la sicurezza alimentare. —
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