Pace impossibile Serbia-Kosovo: Borrell esce di scena con un flop

BELGRADO. Anni e anni di negoziati, innumerevoli, estenuanti riunioni, liti, baruffe e polemiche aspre, qualche annuncio in gran pompa, seguito il più delle volte da scarsissimi risultati concreti. E alla fine se ne va l’ennesima “vittima” di un processo negoziale infinito, mentre nei corridoi del potere di Bruxelles già si pensa alla nuova figura europea da immolare sull’altare di uno dei compiti più ardui che l’Ue si è assunta: quello di obbligare alla pace – e forse al mutuo riconoscimento, almeno “de facto” – Serbia e Kosovo. Vittima che risponde al nome di Josep Borrell, socialista spagnolo, dal 2019 Alto Rappresentante Ue agli Esteri, ormai uscente, che negli ultimi anni ha “facilitato” il difficilissimo dialogo tra Belgrado e Pristina, che procede da più di dieci anni sotto l’egida dell’Unione.
Ma anche Borrell, come i suoi predecessori – la baronessa inglese Ashton e l’italiana Mogherini –, lascia con un nuovo, totale flop. È quello che è stato registrato mercoledì a Bruxelles, centro pulsante della Ue dove erano stati convocati dallo spagnolo, nella speranza di imporre qualche passo avanti in zona Cesarini, il presidente serbo Aleksandar Vučić e il premier kosovaro Albin Kurti. Ma anche Borrell tornerà a casa a mani vuote, con alta probabilità sostituito nella prossima Commissione dal “falco” estone Kallas, senza poter essere ricordato come colui che riuscì a incassare la tanto caldeggiata normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo. Lo ha ammesso lo stesso Borrell, in un discorso che ha il sapore amaro della sconfitta.
All’ultimo meeting, l’undicesimo presieduto dall’attuale Alto rappresentante, è mancato persino «il trilaterale» tra Borrell, Vučić e Kurti, ha così svelato. Il più recente insuccesso, ha precisato la Ue, è dovuto a un nuovo ultimatum lanciato dal premier del Kosovo, con «tre condizioni». La prima riguarda la firma da parte di Vučić del cosiddetto «accordo di base», un riferimento alle intese di Bruxelles e Ocrida, del 2023, che avrebbero dovuto spianare la strada alla normalizzazione e sono rimaste lettera morta. La seconda era legata al «ritiro di una lettera di riserve» contro l’accordo di cui sopra, presentata dall’allora premier Brnabic alla Ue, nel dicembre 2023. E infine la consegna dei paramilitari serbi coinvolti nell’attacco di Banjska, incluso il loro leader, Milan Radoicic. Vučić ha però risposto picche, «citando limiti costituzionali» che gli impedirebbero di compiere i passi richiesti, ha raccontato Borrell. «Kurti non ha voluto vedermi, sostenendo di non essere pronto», la versione del leader serbo. Alla fine, dunque, un nuovo flop. E molta amarezza da parte dello stesso Borrell, che in quello che è apparso a molti il suo “testamento” politico ha riconosciuto la sconfitta. «Non possiamo volere la normalizzazione solo noi della Ue, se le parti non si mettono d’accordo su come procedere oltre», ha detto, criticando poi implicitamente Vučić e Kurti. Servirebbero infatti più «coraggio, visione e volontà politica dei leader, per il futuro del Kosovo e della Serbia e il benessere dei loro cittadini». E soprattutto spetterebbe a Belgrado e Pristina «dimostrare costruttività per permettere al processo di andare avanti», ha aggiunto Borrell, senza mostrare di comprendere che, con l’allargamento al palo, Serbia e Kosovo non hanno alcun incentivo a dialogare. Qualcosa, comunque, negli ultimi cinque anni sarebbe stato fatto, ha chiosato Borrell, ricordando intese tra Belgrado e Pristina su targhe, energia, accettazione dei reciproci documenti. Ma si tratta solo di successi relativamente minori. —
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