In 150 mila a Novi Sad un anno dopo il crollo: «Ora qualcosa deve cambiare»

Fiori, peluche, silenzio e lacrime davanti alla stazione dove si è verificata la strage il primo novembre del 2024: «Onoriamo le 16 vittime»

Stefano Giantin
La manifestazione organizzata a Novi Sad per ricordare la strage della stazione
La manifestazione organizzata a Novi Sad per ricordare la strage della stazione

Il luogo della strage, la stazione ferroviaria, è rimasto identico a un anno fa, congelato nell’attimo della tragedia. Manca la pensilina, crollata d’improvviso il primo novembre del 2024 – sedici le vittime, il bilancio definitivo. Le transenne ancora impediscono di avvicinarsi al grande edificio, costruito nel 1964 in stile brutalista, malamente restaurato per colpa di un sistema corrotto, l’accusa condivisa da mezzo Paese.

Davanti alle barriere, fiori e corone bianche, peluche, icone, i nomi dei morti. In un angolo, bici abbandonate. Lì, nell’epicentro del trauma di un’intera nazione, dalle prime ore del mattino sfila una infinita processione civile. Arrivano persone di tutte le età ed estrazione, accendono candele, pregano, piangono, in una quiete irreale. Poi, a partire dalle dieci del mattino, la folla si ingrossa.

La Serbia ricorda le vittime del crollo in stazione, migliaia a Novi Sad

Alla fine, secondo alcune stime, saranno almeno in 150 mila quando, alle 11.52, l’ora del crollo, iniziano i sedici minuti di silenzio su Bulevar Oslobodjenje, il grande viale da dove tutti possono vedere la stazione e i famigliari delle vittime, vestiti a lutto, immobili sul palco. Sono i contorni della imponente, sentita commemorazione osservata a Novi Sad, nell’anniversario della tragedia della stazione, miccia delle più grandi proteste che la Serbia abbia mai sperimentato dai tempi di Milošević.

Ma sabato, in città, è stato il momento del dolore e del ricordo, non della rabbia, di una commozione profonda che è stata canalizzata in un grande raduno popolare, organizzato dagli studenti che, da mesi, sono l’anima delle proteste. «Sedici vittime, nessun responsabile, avete le mani sporche di sangue», l’accusa contro il governo ribadita dagli studenti rivolgendosi alla folla.

Folla rispettosa e silenziosa, composta da una Serbia alternativa a chi governa, ancora indignata per quanto accaduto un anno fa, desiderosa di cambiamento e di un totale repulisti. «Mi sento male qui davanti, non riesco a guardare», racconta commossa Slavica, di Novi Sad, arrivata davanti alla stazione di buon mattino per rendere omaggio alle vittime.

«Il fratello di mio cognato è morto lì sotto, un anno fa, doveva ancora compiere 18 anni. E ho perso pure un’ex collega». «Ma ho fiducia nelle giovani generazioni – continua –, sono il futuro e speriamo che cambino tutto».

«Provo solo tristezza oggi», dice invece Mile, arrivato da Pančevo, grande città industriale poco distante da Belgrado. «Qualcosa deve cambiare e cambierà in meglio», aggiunge. «Triste e deluso» si dice Aleksandar, da Belgrado. «Deluso – spiega – perché un anno non è stato sufficiente per comprendere che non si può dire che quello che è stato è stato e che si deve andare avanti».

«Non si va avanti, perché nessuno ha pagato per Novi Sad e può accadere di nuovo, è una sensazione terribile. Ho speranza che le cose cambino, altrimenti non potrei sopravvivere. Ma dobbiamo sostenerci a vicenda, perché prima della stazione c’è stata la strage dei bambini alla scuola Ribnikar e poi la seconda, avvenuta in strada», nei villaggi vicino tra Mladenovac e Smederevo. «Viviamo da anni in uno stato d’emergenza, siamo una società traumatizzata».

Lì vicino c’è Miloš, arrivato in bici dalla capitale, come tanti altri. Lo stesso hanno fatto giovani e studenti, fino a Novi Sad. «Quell’edificio lì», la stazione, è «il riflesso della società in cui viviamo, il risultato della corruzione».

«In questo luogo non si può che provare tristezza, la portata della tragedia davanti a noi è enorme», spiega l’attivista Mario Reljanović. «Tutto, oggi, è dedicato a onorare le sedici vittime. Ma domani è un altro giorno. Si continuerà a combattere affinché quanto accaduto qui non si ripeta. Per fare in modo che non solo questo governo, ma ogni governo futuro non diventi così corrotto da calpestare senza remore le vite dei cittadini, per profitto».

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