Nei documenti top secret svelati dagli hacker anche il fallito attentato al premier del Kosovo

Le carte sarebbero state carpite all’intelligence dell’Albania. Conferme sul piano contro Kurti arrivate dal governo di Pristina

Stefano Giantin
Albin Kurti
Albin Kurti

Informazioni riservate, documenti classificati, numeri di telefono e indirizzi email riservatissimi di membri delle forze di sicurezza divulgati. Ma anche carte che svelerebbero la pianificazione di attentati fortunatamente sventati, incluso l’assassinio di politici di razza – tra i quali il premier kosovaro Albin Kurti – programmati per destabilizzare la regione. Sono i contorni del giallo che sta provocando un terremoto in Albania e in Kosovo.

Tutto ruota attorno a un misterioso gruppo di hacker che si fa chiamare Homeland Justice e che secondo svariati esperti e media sarebbe legato in qualche maniera all’Iran, potenza che in estate e più di recente avrebbe lanciato massicci cyberattacchi contro Tirana, colpevole di aver dato ospitalità da anni a migliaia di dissidenti facenti parte del gruppo mujahedin del Mek.

L’Albania, per rappresaglia, ha di recente rotto le relazioni diplomatiche con il regime iraniano. Ma l’onda lunga degli attacchi informatici sembra essere infinita. Lo confermano le azioni – con fini certamente di sovversione - di Homeland Justice, che via software Telegram continua a diffondere dati segretissimi e più che sensibili, con altissima probabilità carpiti dai sistemi informatici governativi albanesi nelle scorse settimane. Dati che riguardano anche il vicino Kosovo, informato l’anno scorso dai servizi anti-terrorismo di Tirana di un «piano» per uccidere il premier Kurti e altri politici sia in Albania sia in Kosovo, per mano di un sicario ed esperto cecchino, l’albanese Prek Kodra, già sospettato di crimini in Kosovo e Montenegro, hanno fatto sapere i media locali. Perché pianificare l’assassinio di Kurti, figura-chiave nella politica della regione? Per «destabilizzare» Pristina e gli interi Balcani, si leggerebbe nei leak diffusi dagli hacker.

Tutto falso? Non sembra proprio. «Il primo ministro Kurti è stato informato di questa vicenda» l’anno scorso e «le forze di sicurezza hanno preso contromisure per contrastare l’azione», ha confermato lo stesso governo di Pristina, dando credibilità al tutto. Il caso non era stato reso pubblico «per evitare il panico», ha dichiarato l’esecutivo senza fornire ulteriori dettagli.

Ma Homeland Justice è andata oltre, diffondendo sempre via Telegram documenti e scambi di corrispondenza tra politici e persino ambasciatori, ma anche altre informazioni su tentati omicidi politici, tra cui quello organizzato contro l’ex leader dell’opposizione albanese Lulzim Basha, nel 2017; oltre a documenti relativi a indagini su un attentato contro l’ambasciata albanese ad Atene, classificati come «top secret». Non solo. Sul web sono finiti anche i movimenti dell’ex capo della polizia albanese, Gledis Nano, un tempo cervello dell’antiterrorismo, e pure dettagli su una possibile spia russa e criminali vari.

Insomma, l’intera intelligence dell’Albania, un Paese membro Nato, alla mercé di tutti. O quasi. La gravità della situazione è infatti tale da aver spinto Tirana a vietare ai media la pubblicazione delle informazioni rese pubbliche da Homeland Justice, forse temendo la diffusione di dati ancora più sensibili, una mossa che ha provocato indignazione nella stampa albanese. Homeland Justice nel frattempo assicura che la guerra è solo all’inizio. Si colpirà un governo «che ha offerto cibo e ospitalità gratis a duemila stranieri ostili», gli iraniani, si legge su Telegram, assieme a un messaggio quantomeno preoccupante: «La nostra terra ha bisogno di pesticidi, per essere ripulita» da governanti che la portano «alla guerra e al caos. Occhio per occhio, dente per dente».

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