Mosca a Sarajevo: «Entrate nella Nato ma attenzione alla reazione russa»

I messaggi di avvertimento inviati alla Bosnia-Erzegovina

«La scelta è libera, ma abbiamo diritto all’autodifesa»

Stefano Giantin

Mantenere costante la pressione. E a intervalli regolari agitare il bastone, facendo intuire che il Paese rimane strategico per Mosca – soprattutto come testa di ponte nei Balcani. Parliamo della Bosnia-Erzegovina, che è stata ancora una volta scossa da messaggi quantomeno controversi e inquietanti lanciati dal Cremlino, sempre attraverso l’ambasciatore russo a Sarajevo, Igor Kalabukhov, già nei mesi scorsi al centro di polemiche. Lo strumento per consegnare i messaggi, il profilo Facebook della rappresentanza diplomatica russa.

Profilo dove, da alcuni giorni e in occasione della “Giornata dei lavoratori della diplomazia”, che si celebra in Russia oggi, sono comparsi svariati lunghi messaggi, più o meno criptici, dedicati alla «falsa narrazione sulle relazioni tra Russia e Bosnia-Erzegovina», domande e risposte che sarebbero state elaborate dallo «staff» diplomatico russo a Sarajevo, ha spiegato il numero uno dell’ambasciata. Fra i miti più controversi, quello che più ha fatto discutere negli ultimi mesi e in particolare dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ossia quello che vedrebbe «la Russia “vietare” alla Bosnia l’ingresso della Nato e nell’Unione europea». Non è vero, hanno assicurato l’ambasciata e Kalabukhov. Anzi, «vogliamo rassicurare ancora una volta chi è preoccupato», continua l’avviso. Mosca, infatti, «parte dall’assunto che la Bosnia-Erzegovina è indipendente nelle sue decisioni e che né la Russia, né l’Unione europea né gli Stati Uniti, hanno il diritto di interferire nei suoi affari interni determinandone la via da prendere», soprattutto se «la maggioranza dei cittadini» lo vuole, un malizioso riferimento implicito ai serbo-bosniaci, strenuamente contrari a ogni avvicinamento della Bosnia alla Nato. Dunque, libero arbitrio. Ma anche decisioni libere possono avere delle conseguenze, continua poi il messaggio, inquietante sia per Sarajevo sia per il resto dell’Europa. Se infatti, ipoteticamente, la Bosnia o chiunque altro «entrasse in un’organizzazione che ha come suo obiettivo primario la distruzione della Russia, allora avremmo il diritto di auto-difesa».

Altrettanto ipoteticamente, se Bruxelles o Washington un giorno ordinassero «il dispiegamento di missili nucleari puntati verso Mosca, allora Sarajevo, se fosse parte di una di queste alleanze, «sarebbe obbligata» ad accettare. E allora, sì, entrare nella Ue e soprattutto nella Nato è «una scelta libera, ma per favore, non limitate il nostro diritto di risposta, proporzionale naturalmente». Infine, l’ultimo pizzino, che forse voleva essere rassicurante. «Finché non saremo al 100% sicuri dei piani vili di distruzione» della Russia che l’Occidente starebbe ordendo, allora «nessuno premerà il pulsante rosso. E parlando seriamente, non mi aspetto sviluppi estremi». Ma le «velate minacce» di Kalabukhov, così le ha definite la stampa bosniaca e internazionale, sembrano solo l’ennesimo avvertimento a una Sarajevo dove cresce la voglia di Ue, ma anche quella di un avvicinamento alla Nato, come confermato dalle mosse del neo-membro della presidenza tripartita, Denis Becirovic, che ha ribadito in questi giorni che la Bosnia dovrebbe «diventare un membro Nato e Ue il prima possibile» «rafforzando» insieme i legami con gli Usa. E sono mosse, queste, che non piacciono né alla leadership politica serbo-bosniaca, Milorad Dodik in testa, né a Mosca. Che sempre con Kalabukhov, nei mesi passati, era stata ancora più esplicita. La Bosnia nella Nato? «Affari interni, ma la nostra risposta è un’altra cosa. L’esempio dell’Ucraina mostra cosa ci aspettiamo, se ci sarà una minaccia, risponderemo», aveva ad esempio detto la feluca russa, un mese dopo l’invasione. E ora lo ribadisce.

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