Monumenti e siti a rischio degrado: l’ex Jugoslavia maglia nera in Ue

BELGRADO Un exploit negativo, con ben tre nuovi siti inseriti nell’elenco dei sette più a rischio in Europa. È il triste record dei Balcani, che quest’anno hanno “occupato” la “Most Endangered Heritage Sites 2023”, lista elaborata da Europa Nostra che, da un decennio, tasta il polso alle bellezze architettoniche e culturali del Vecchio continente ed evidenzia quelle più malate, a rischio distruzione perpetua.
Lista che, quest’anno, include anche il Memoriale partigiano di Mostar, in Bosnia-Erzegovina. E non è una sorpresa per chi conosce lo stillicidio di attacchi distruttivi da parte di ignoti membri dell’ultradestra e di nostalgici ustascia, che hanno devastato per anni uno dei monumenti più importanti della defunta Jugoslavia. Parliamo infatti di uno «dei più grandi monumenti e siti antifascisti nei Balcani», ha ricordato Europa Nostra, citando la lunga passeggiata cerimoniale 300 metri, che si sviluppa in altezza per venti sopra una collina dove riposano 700 combattenti per la libertà e contro l’occupazione nazifascista della Jugoslavia, ricordati da stele bianche.

L’opera, idea del famoso architetto Bogdan Bogdanović, fu creata nel 1965 con il lavoro di scalpellini e scultori, che usarono marmi ma anche pietre e tegole di Mostar per costruire il memoriale, inaugurato da Tito nel ventesimo anniversario della liberazione della città. Ma quegli anni sono ormai remoti. Già danneggiato durante la guerra del 1992-95, il cimitero partigiano è stato poi abbandonato, dimenticato, ristrutturato in parte solo nel 2005, per poi essere più volte preso di mira da vandali, spesso dalla bassa manovalanza dell’ultradestra locale, l’ultima volta nel 2022, quando una miriade di stele funerarie venne presa di mira.

Memoriale, ha scritto Europa Nostra, che rappresenta «uno dei più alti esempi della cultura commemorativa insita negli ideali antifascisti della Jugoslavia» e per questo va riportato agli antichi fasti e «protetto per le presenti e future generazioni». A 200 km a sud di Mostar si trova la seconda new entry balcanica della lista. Parliamo dell’iconica Sveti Štefan (Santo Stefano), uno dei simboli del Montenegro, antica cittadina edificata su una penisola, un tempo villaggio di pescatori, oggi minacciata – forse già perduta – a causa dello «sviluppo incontrollato del turismo e degli immobili» nell’area della penisola e nei dintorni, ha denunciato Europa Nostra.
Sveti Štefan, città fortificata del 15/mo secolo, che è famosa per le sue case di pietra, le piazze e i giardini, collegata alla terraferma e al parco Milocer – con annessa residenza estiva dei reali jugoslavi e giardino botanico - da un ponticello, che da decenni è oggetto di sfruttamento del turismo di lusso. Turismo che ha trasformato Santo Stefano in una “Disneyland” per ricchi, favorendo insieme l’abusivismo edilizio e la “cacciata” dei residenti, una sorta di Venezia in miniatura in terra montenegrina. «Le autorità» del Montenegro, l’appello di Europa Nostra, «devono limitare il turismo e la costruzione di immobili nell’area» e restituire ai cittadini una regione che dovrebbe essere un gioiello di tutti, non di una élite. Terzi, sulla lista, sono invece gli splendidi mulini ad acqua di Bistrica, nella Serbia orientale, due secoli e passa di storia, cantati negli Anni Settanta da Tonino Guerra, quando essi ancora erano funzionanti e vivi.
Oggi, invece, sono a rischio distruzione a causa «dell’abbandono e dell’esposizione agli agenti atmosferici», invece di essere usati per lo sviluppo turistico dell’area. Memoriale, città-fortificata sul mare e mulini che vanno ad aggiungersi ai tanti, troppi altri siti a rischio nei Balcani, dalle terme di Nettuno in Romania al ponte Zogu in Albania, dalle Poste centrali di Skopje al cimitero Mirogoj di Zagabria, fino alla fortezza di Belgrado e allo stadio Plečnik di Lubiana.
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