Migranti in marcia sulla rotta balcanica: ingressi irregolari cresciuti del 170%
Dalla Turchia alla Serbia: le risposte diversificate dei governi

TRIESTE Numeri in aumento che, seppur non paragonabili a quelli della grande crisi migratoria del 2015, creano comunque una situazione sempre più delicata, tra vecchi e nuovi problemi. E tendenze inedite. Sono i contorni del fenomeno migranti e profughi sulla rotta balcanica, fino al 2016 “autostrada” per chi fuggiva da fame e guerre, poi prosciugata da controlli serrati e pugno di ferro di forze dell’ordine e governi. Ma negli ultimi anni la situazione appare in rapida evoluzione, con la “balkan route” che sta tornando a essere uno dei canali prediletti – anzi, quello più battuto - per chi tenta di raggiungere l’Europa più ricca.

I numeri
Lo confermano non solo le scene che si osservano visivamente in Serbia, dove il numero di migranti è in aumento soprattutto nei paesi e nelle cittadine ai confini con l’Ungheria, ma anche le statistiche ufficiali. Statistiche come quelle di Frontex, l’agenzia Ue per il controllo dei confini, che in questi giorni ha reso pubblici i dati sul numero dei passaggi irregolari delle frontiere Ue tra gennaio e settembre di quest’anno. Nei primi nove mesi del 2022, sono stati quasi 230 mila gli ingressi illegali registrati da Frontex in Europa, +70% rispetto allo stesso periodo del 2021 – ed è come sempre un numero sicuramente inferiore a quello reale. Ma a colpire sono soprattutto le cifre relative ai Balcani occidentali, con 107mila rintracci, +170% anno su anno e la rotta che rimane «la più attiva verso la Ue», con 20mila solo a settembre, il doppio rispetto al 2021. Rintracci, ha specificato Frontex, che riguardano soprattutto stranieri che sono nella regione già da tempo e che più volte cercano di superare muri e controlli per entrare nella Ue.
Nondimeno, le nuove statistiche sono significative. Sono infatti dieci volte superiori a quelle dei rintracci effettuati nel 2017 e il 2019 e addirittura di 18 volte in un confronto con il 2018. E appaiono ora risibili anche i numeri di tutto il 2020 (26.969 ingressi irregolari identificati) e persino quelli del 2021 (61.735), con la quota dei 130mila registrati nel 2018 che appare ora a portata di mano, mancando ancora quattro mesi alla fine dell’anno.
Le risposte dei governi
Numeri a cui corrispondono tanti “flash” dal terreno, che raccontano di una questione migranti che sta tornando d’attualità, nei Balcani. Un tema caldissimo, con severe ricadute politiche, tra Turchia e Grecia, prima tappa europea del viaggio via Balcani, con Ankara che userebbe «l’arma migranti per creare problemi» lungo il fiume Evros, confine protetto ora da un muro simile a quello magiaro lungo decine di chilometri, ha accusato Atene, mentre continuano – seppur in misura minore con l’avvicinarsi della stagione invernale – gli approdi sulle isole, via mare, tra violenze, pericoli e soprusi.
I Balcani
In Macedonia del Nord crescono intanto i rintracci di migranti stipati in furgoni e camion, in arrivo dalla Grecia. In Bulgaria, «c’è un grande flusso dalla Turchia», ha informato invece Galina Mileva, responsabile forense del distretto di Burgas, dove gli obitori degli «ospedali sono pieni di persone non identificate», con alta probabilità rifugiati morti nei boschi e nelle foreste nei mesi e anni passati.
Il caso Serbia
C’è poi la Serbia, dove sono stati quasi 100mila i migranti registrati quest’anno rispetto ai 63mila del 2021, tanti quelli che arrivano per via aerea da Cuba, Tunisia, Bangladesh, India, Burundi - grazie all’assenza di visti e poi proseguono verso l’Ue, allarmando Bruxelles. Sarebbero «più di 15mila» solo i tunisini arrivati così a Belgrado, secondo dati del Forum tunisino per i diritti sociali ed economici. Ma «la gran parte viene da Siria, Afghanistan e Pakistan», ha assicurato la commissaria serba per i rifugiati, Natasa Stanisavljevic.
L’Ungheria
Il problema maggiore è a nord, in città come Sombor e Subotica, dove a migliaia, anche donne e bambini, attendono in campi sovraffollati il momento giusto per passare irregolarmente in Ungheria, evitando muro e controlli. Così sono circa 10mila quelli che attendono in Serbia, più del doppio di quanto il Paese possa ospitarne nei centri, ha informato Rados Djurovic, dell’Asylum Protection Centre. Tanti invece proseguono via Bosnia, dove ad esempio a Bratunac sono 80-100 solo i cittadini del Burundi in arrivo ogni giorno. E tanti, malgrado muri e pugno di ferro delle polizie, riescono nell’obiettivo, via Ungheria, Croazia, oppure Romania, sulle tante anse della rotta. Lo confermano, gli arrivi in Slovenia, quasi 16mila quest’anno, +115%. Tra cui tanti da India, Cuba e Burundi.
RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © il Nord Est