L’Albania chiamata al voto: la sfida tra Rama e Berisha

Il paese alle urne per scegliere il premier e rinnovare i 140 membri del Parlamento: campagna infuocata tra l’uscente favorito e il primo presidente post comunista

Stefano Giantin
Sali Berisha assieme a Edi Roma
Sali Berisha assieme a Edi Roma

Da una parte, un leader all’apparenza inossidabile, il premier in carica Edi Rama, che cerca addirittura di fare il poker. Dall’altra, una vecchia volpe della politica nazionale, l’ottantenne Sali Berisha, tornato leader del maggior partito di opposizione, che tenta di fargli lo sgambetto e di riconquistare i potere, usando anche strategie e slogan à la Trump.

Rama, Berisha e i rispettivi partiti – il Partito socialista e quello Democratico – saranno i protagonisti dell’importante tornata elettorale legislativa in programma domenica in Albania, chiamato alle urne – per la prima volta conteranno anche i voti degli emigrati – per decidere i nomi dei 140 deputati che siederanno al nuovo Parlamento e chi governerà nei prossimi quattro anni.

Gli albanesi, a detta dei sondaggi, sembrano abbastanza soddisfatti delle scelte fatte finora e poco propensi a cambiare. Secondo una delle ultime analisi del “mercato” elettorale, resa pubblica dall’emittente Top Channel, il Partito socialista (Ps) di Rama è infatti quotato quasi al 50%, mentre il Partito democratico (Pd) di Berisha arranca intorno al 35%. Il quadro è stato confermato anche dall’Istituto Piepoli, che dà i socialisti tra il 48 e il 52%, mentre i democratici tra il 30 e il 34%.

Nelle retrovie, grande battaglia per un pugno di seggi. A giocarsela sono svariati partiti minori, come quello dei conservatori di Djathtas për Zhvillim, il Partia Mundësia (Partito dell’opportunità, pro-Ue e anti-corruzione) del fuoriuscito dal Partito democratico Agron Shehaj, il Kea (pro-euroatlantista) di Endri Hasa, nato sempre da una costola del Pd e i socialdemocratici del Psd.

Il premier Rama, 60 anni, leader dei socialisti dal 2005, cerca la riconferma per la quarta volta consecutiva. E sarebbe un record. Ma l’interessato spiega che si tratta della scelta giusta da fare, perché «con me» all’Albania saranno aperte le porte della Ue entro il 2030 e gli albanesi godranno degli stessi «diritti di tutti gli altri cittadini europei», ha promesso il premier, vicinissimo a Meloni, assicurando che domenica «non c’è dubbio che vincerà il Partito socialista».

Rama ha aggiunto che «l’Albania vince solo con me, con il Partito socialista, lo abbiamo dimostrato triplicando il reddito pro capite, azzerando le tasse per le piccole imprese, riconoscendo un importante aumento degli stipendi, costruendo 53 nuovi ospedali, 400 centri sanitari e 450 scuole».

Ma il premier uscente dovrà fare i conti con una figura storica come Berisha, 80 anni, svariati problemi con la giustizia e veterano della politica a Tirana, tanto che fu il primo presidente post-comunista del paese e successivamente primo ministro. Berishaaccusa Rama e l’élite al potere di tutti i mali che affliggono l’Albania e ambisce al ritorno al potere dopo dodici lunghi anni all’opposizione.

Come fare per battere Rama? Promettendo una «Grande Albania», ha ribadito Berisha sulla falsariga di Trump, evocando il «rilancio dell’economia» e la fine della povertà. E assicurando che Tirana sta vivendo «gli ultimi giorni del regime di Rama». Berisha accusa il premier – imputazioni seccamente smentite – di compravendita di voti e di uso di fondi pubblici per la campagna elettorale. A dar man forte al leader del Pd, in una campagna elettorale sopra le righe e senza esclusione di colpi, c’è Chris La Civita, stratega della vittoria di Trump negli Usa, guru che ha promesso che il cavallo su cui ha puntato, cioè Berisha, «farà l’Albania di nuovo grande».

Il vincitore sarà deciso, questa volta, anche dagli albanesi della diaspora, a cui è stato concesso il diritto a votare per corrispondenza, un passo avanti lodato dalla Ue. A monitorare sulle operazioni di voto, saranno presenti 300 osservatori internazionali.

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