Migranti, il piano Ue per la rotta balcanica

Dalle frontiere all’accelerazione sui rimpatri: la Commissione presenta un progetto di azione mirato ad arginare i flussi

Stefano Giantin

BELGRADO. Pugno di ferro per prosciugare i flussi migratori che attraverso i Balcani sfociano nel cuore della Ue, provocando mal di testa a molte capitali europee.

Non ha più intenzione di rimanere inerte, l’Unione europea, a guardare l’aumento degli arrivi di migranti che usano la rotta balcanica come “autostrada” verso l’Europa più ricca. Lo conferma un piano d’azione presentato lunedì 5 dicembre dal vicepresidente della Commissione Ue Margaritis Schinas, vera “bibbia” che guiderà le mosse di Bruxelles e delle capitali balcaniche nei prossimi anni.

Si parte dai numeri, da quei 130mila rintracci di irregolari alle frontiere tra Ue e Balcani registrati dalle autorità da gennaio a novembre di quest’anno, tre volte in più rispetto al 2021. È la conseguenza di una crescita dei transiti via Turchia e Grecia, ma anche dei buchi nella politica dei visti di alcuni Paesi balcanici, Serbia in testa, nella spiegazione Ue.

Schinas, in conferenza stampa, ha parlato di cinque «pilastri» che detteranno la «risposta europea» all’aumento dei flussi, dietro cui stanno «venti misure operative». La colonna principale, si legge nel documento preparato da Bruxelles, è il «rafforzamento dei controlli di confine» lungo le frontiere di tutti i Paesi balcanici, per affrontare anche «l’aumentato uso della violenza e l’uso di armi da fuoco» da parte dei trafficanti. Colonna che si reggerà sul dispiegamento di uomini dell’agenzia Frontex «lungo tutti i confini» dei Paesi balcanici, ma anche potenziando e finanziando forze di polizia e guardie di frontiera delle nazioni dei Balcani, con focus in particolare sui fronti più caldi come Serbia e Bosnia cui si aggiungono ora Albania e Montenegro.

La seconda via prevede di aumentare le «capacità di accoglienza» di migranti nei Balcani e quelle di analisi delle richieste di asilo nella regione, così che chi sarà respinto o non riuscirà a superare il limes Ue e resterà bloccato nella regione, troverà almeno un alloggio decente. Il terzo pilastro sta in una dichiarazione di guerra ai trafficanti, anche attraverso la nuova Europol Operational Task Force lanciata in particolare per stroncare i traffici di esseri umani sul caldissimo confine tra Serba e Ungheria. Secondo il piano strategico illustrato ieri, l’Ue intende poi – anche con finanziamenti ad hoc – premere sull’acceleratore dei rimpatri «volontari e non volontari» di migranti che non hanno diritto d’asilo verso i loro Paesi d’origine, direttamente dai Balcani prima che essi arrivino nella Ue. Per farlo si pensa anche alla creazione di «strutture per i rimpatri» nella Regione.

Ultimo pilastro ma non il meno importante, si va verso un totale «allineamento delle politiche dei visti» tra Ue e Balcani. Significa che i Paesi balcanici, che da più di un decennio godono del regime di abolizione dei visti con l’Ue, dovranno impedire che cittadini extracomunitari possano entrare senza visto come turisti per poi proseguire illegalmente verso la Ue come migranti irregolari. È il caso in particolare della Serbia, che ha già stretto i cordoni della borsa con Burundi e Tunisia e promette di fare lo stesso con i viaggiatori di altri Paesi extra-Ue, che finora non dovevano richiedere un visto per atterrare a Belgrado.

La mano dura è necessaria, ha assicurato Schinas, perché «le migrazioni sono una sfida comune» e sempre più urgente, che i Balcani «da soli» non potrebbero affrontare. Sulla stessa linea la Commissaria Ue agli Interni Ylva Johansson. «La Rotta balcanica è di nuovo il nostro focus», ha spiegato Johansson aggiungendo che «sono stati fatti progressi sui visti» da parte di Belgrado «e sulla lotta ai traffici di migranti». Ma molte «sfide rimangono aperte» e la via, ormai segnata, è quella di trasformare i Balcani in una “fortezza”. A prova di disperati in fuga da guerre e fame.

Riproduzione riservata © il Nord Est