Lo yacht dell’oligarca finisce in tribunale. Causa da 35 milioni di risarcimento danni

Il Royal Romance bloccato a Traù: contestata la proprietà,

chiesto a Zagabria il pagamento per mancato uso dello scafo

Giovanni Vale

ZAGABRIA La Croazia rischia di dover pagare 35 milioni di euro all’imprenditore russo Aleksei Inkin per avere sequestrato – ormai quasi due anni fa – lo yacht Royal Romance, tuttora ormeggiato nel porto dalmata di Traù (Trogir). Inkin, o meglio la sua azienda, Lanelia Holdings, ha fatto causa a Zagabria e chiede il risarcimento dei danni dovuti al mancato utilizzo dell’imbarcazione, che ritiene essere stata bloccata in maniera illegittima dalle autorità croate. A rivelare la notizia, rapidamente ripresa da tutta la stampa croata, è stata ieri la televisione regionale N1, che sostiene di aver avuto accesso ai documenti depositati al tribunale distrettuale di Spalato dallo studio legale zagabrese Gajski, Grlić, Prka & associati, che rappresenta l’azienda con sede nelle isole Marshall e che per il momento non ha rilasciato dichiarazioni (a fine gennaio aveva invece pubblicato una lunga nota al riguardo).

È questo l’ultimo capitolo di una vicenda che si trascina dalla primavera 2022, ovvero da quando il Royal Romance – colosso da oltre 90 metri di lunghezza e dal valore stimato in 130 milioni di euro – è stato fermato a Fiume e poi trasferito a Traù, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina. Inizialmente era emerso che lo yacht fosse stato congelato perché di proprietà dell’oligarca e politico ucraino Viktor Medvedchuk, amico del presidente Vladimir Putin e quindi oggetto di sanzioni internazionali; in seguito l’imbarcazione è finita al centro di una controversia legale tra lo stesso Medvedchuk e l’Ucraina, e sarebbe stata proprio Kyiv a chiedere a Zagabria di bloccare lo scafo.

Ma non è tutto: quando la procura ucraina avrebbe chiesto ai croati di bloccare la nave, due anni fa, questa comunque aveva cambiato proprietà, passando appunto da Medvedchuk (o meglio della moglie a cui era registrata l’impresa proprietaria dell’imbarcazione) a Inkin. «Secondo le informazioni disponibili nel fascicolo giudiziario, la procura ucraina sostiene che Inkin nasconda lo yacht di Medvedchuk», scrive N1. In altre parole, il passaggio di proprietà sarebbe servito a evitare il blocco dello yacht. Ma i legali di Inkin non sono d’accordo: sostengono che l’acquisto è avvenuto verso la fine del 2020, quindi ben prima dell’invasione russa dell’Ucraina.

C’è anche un secondo filone di argomenti che, secondo gli avvocati, renderebbe illegittimo il sequestro deciso dalla Croazia, e riguarda il contenuto della controversia tra l’Ucraina e Medvedchuk. Il politico ucraino di lungo corso – considerato uno dei principali leader del blocco pro-russo in Ucraina e oggi residente in Russia – è accusato da Kyiv di alto tradimento. Nel 2015 Medvedchuk avrebbe concluso dei contratti di acquisto di carbone dalle regioni occupate di Luhans'k e Donec’k al fine di rifornire delle aziende di stato ucraine, e lo avrebbe fatto a prezzi gonfiati. Ci sarebbe così anche stata un’appropriazione indebita di denaro. Secondo gli avvocati di Inkin, però, non solo non è affatto stato appurato se Medvedchuk abbia davvero guadagnato qualcosa illegalmente, ma i beni del magnate già sequestrati in Ucraina sarebbero sufficienti a risarcire i danni qualora fosse condannato. Infine, il blocco dello yacht non sarebbe necessario anche perché lo stesso è stato acquistato prima della presunta appropriazione indebita di denaro.

Ecco così che i legali di Inkin chiedono ora a Zagabria di risarcire il costo del mancato utilizzo del Royal Romance, che non ha potuto essere usato negli ultimi due anni. E nel caso in cui la Croazia dovesse autorizzare – come richiesto da Kyiv – il trasferimento dell’imbarcazione all’Arma, l’Agenzia per i beni confiscati dell’Ucraina, la richiesta di risarcimento salirebbe di altri 130 milioni di euro, ovvero del valore dello scafo. Per ora la controversia procede al tribunale di Spalato, che, sempre secondo N1, «ha ripetutamente cercato di ottenere dall’Ucraina informazioni rilevanti sul caso». Qualche giorno fa i giudici avrebbero stabilito il trasferimento dello scafo, ma la decisione – così N1 – «non è ancora definitiva» e «lo yacht non è stato ancora consegnato alle autorità ucraine».

Riproduzione riservata © il Nord Est