Lituania e Polonia vietano l’ingresso sul territorio di Dodik e alleati
Il leader serbo-bosniaco fra le «persone non gradite» per i tentativi di minare l’unità della Bosnia-Erzegovina.

Washington e Londra hanno fatto da tempo la loro parte, iniziando già tre anni fa con l’imposizione di dure sanzioni. Bruxelles, invece, continua a rimanere alla finestra, si dice soprattutto per l’ostruzionismo di Budapest. Ma non tutti, in Europa, sono disposti ad attendere all’infinito, senza reagire.
Europa dove si allunga la lista di Paesi membri determinati a imporre misure punitive contro il presidente serbo-bosniaco Milorad Dodik, protagonista in negativo della lunga e gravissima crisi politica che sta indebolendo da mesi la Bosnia-Erzegovina, provocata dalla reazione di Dodik alla condanna per disubbidienza alle decisioni dell’Alto rappresentante Christian Schmidt. E la crisi, ricordiamo, è stata esacerbata dalle “rappresaglie” della leadership serbo-bosniaca contro le autorità centrali di Sarajevo, mosse che stanno minando le fondamenta dello Stato unitario, con l’attacco alle sue istituzioni.
La Lituania
Da qui la decisione della Lituania, ultimo Paese membro della Ue in ordine di tempo a scegliere di muoversi. Lituania che ha dichiarato «persone indesiderate» sul proprio territorio Dodik, ma anche il premier serbo-bosniaco Radovan Višković e il presidente del Parlamento di Banja Luka, Nenad Stevandić. Misura che «rimarrà in vigore fino al 18 aprile 2030», si legge sul sito del ministero degli Interni di Vilnius. Questo, ha specificato la Lituania, per punire chi – sui tre pende in Bosnia un mandato d’arresto interno per attentato all’ordine costituzionale – compie «azioni che minacciano la stabilità, la sovranità e l’integrità territoriale» della Bosnia e «gli accordi di pace di Dayton», un «rischio» anche per la «sicurezza europea».
La Polonia
Vilnius non è sola. Anche Varsavia ha confermato, attraverso la sua ambasciata a Sarajevo, che imporrà il divieto d’ingresso a Dodik in Polonia. «Una procedura» in questo senso «è stata avviata» dal ministero degli Esteri polacco, ha confermato lo stesso dicastero ai media di Varsavia, aggiungendo che il tutto «sarà finalizzato nei prossimi giorni». Ma Lituania e Polonia non sono eccezioni.
Gli altri Paesi
Da fine aprile, infatti, Dodik, Višković e Stevandić sono ufficialmente persone non gradite anche in Austria, dopo che Vienna ha imposto loro il divieto di ingresso e transito, specificando che si tratta di un «messaggio politico» a favore della stabilità della Bosnia-Erzegovina e a supporto dei suoi «sforzi verso l’adesione alla Ue», ora resi nulli dall’attuale crisi. Ma anche di una forma di sostegno indiretto ai cittadini della Republika Srpska, perché sarebbe ingiusto, nella lettura dell’Austria, che «pochi politici», quali Dodik, Višković e Stevandić, di fatto fermino «il loro cammino verso un futuro europeo».
Sulla stessa linea anche la Germania, che ha adottato misure identiche a quelle dell’Austria, rendendo Dodik e i suoi sempre più dei “paria”, in parte dell’Europa. E pure la Slovenia starebbe valutando di seguire l’esempio di Lituania, Polonia, Austria e Germania. «Non è più necessario spiegare in Europa cosa e chi è Dodik, fa tutto da solo», il commento, raccolto dai media bosniaci, del ministro degli Esteri bosniaco, Elmedin Kovacevic. E la “soap” delle persone non gradite intanto potrebbe presto allargarsi. Lo conferma la richiesta di 26 politici britannici, che hanno chiesto sanzioni contro il presidente serbo Vučić. A loro dire colpevole, come Dodik, di aver partecipato alla Parata della Vittoria a Mosca, a fianco di Putin. —
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