L’Europarlamento ammonisce la Serbia: per avanzare coi negoziati urge allinearsi a Bruxelles

Il ministro degli Esteri di Belgrado Dačić: «Una risoluzione ipocrita». La presidente del Kosovo: «Riconosciuta la minaccia di aggressione»

Mauro Manzin
Aleksandar Vučić
Aleksandar Vučić

La decisione era nell’aria da molto tempo. Ma nessuno a Bruxelles, Commissione Ue in primis, ha avuto il “coraggio” di metterla in pratica. Ci ha pensato infine l’Europarlamento che ha approvato una risoluzione in cui si afferma che nuovi capitoli negoziali con la Serbia saranno aperti dalla Ue solo quando Belgrado rafforzerà il suo corso di riforme nei campi della democrazia e dello stato di diritto, e dimostrerà di essere del tutto in linea con la politica estera della Ue. La Serbia, Paese che aspira a integrarsi nella Ue, deve attenersi ai valori comuni e al diritto dell'Unione - ha detto David Mcallister, l'eurodeputato tedesco a capo della commissione esteri dell'Assemblea di Strasburgo.

Il documento auspica al tempo stesso una intensificazione del processo di dialogo fra Pristina e Belgrado sotto l'egida Ue al fine di normalizzare i loro rapporti sulla base del mutuo riconoscimento. Le risoluzioni del Parlamento europeo, va detto, non sono legalmente nè politicamente vincolanti per gli stati membri della Ue o per le altre istituzioni europee. Ma la situazione appare molto chiara: o Vučić attua le sanzioni contro Mosca per l’aggressione in Ucraina oppure la Serbia è fuori gioco.

La dirigenza serba ha immediatamente criticato la presa di posizione di Strasburgo, definendola ipocrita. Per il ministro degli esteri serbo Ivica Dačić, nel documento dell'Europarlamento si punta il dito contro la Serbia ma non si fa alcun riferimento al fatto che il Kosovo si rifiuta di rispettare e attuare l'accordo di Bruxelles del 2013, sottoscritto anche dalla Ue e che prevede la creazione della Comunità delle municipalità serbe in Kosovo, punto questo rimasto finora lettera morta. «Quell'accordo e la Comunità dei serbi non sono forse elemento basilare della politica estera europea?», si è chiesto Dačić. Per il capo della diplomazia di Belgrado prima di «dare lezioni alla Serbia» sull'allineamento con la politica estera della Ue, bisogna che si rispettino i principi basilari del diritto internazionale sulla difesa dell'integrità territoriale di tutti gli stati del mondo». «In breve - ha detto - la risoluzione del Parlamento europeo è del tutto ipocrita».

Di tono diametralmente opposto invece le reazioni di Pristina. La presidente del Kosovo Vjosa Osmani ha salutato ieri con soddisfazione la parte della risoluzione adottata dall'Europarlamento nella quale, come ha detto, si riconoscono la crescente minaccia di aggressione da parte della Serbia e la sua politica destabilizzante nella regione». «La cosa più importante - ha precisato - è che gli eurodeputati hanno riconosciuto la crescente minaccia di aggressione da parte della Serbia e gli sforzi destabilizzanti» di Belgrado».

Da Davos, intanto, dove partecipa al Forum economico internazionale il presidente serbo Aleksandar Vučić sostiene di essere «pessimista sulla possibilità di entrare in Ue in un arco di tempo relativamente breve, non solo per la Serbia, ma per tutti noi (dei Balcani occidentali). Non siamo entusiasti come siamo soliti essere, così come l'Ue non è entusiasta di noi, come pensavamo fosse». In merito all'aggressione della Russia contro l'Ucraina, Vučić ha ribadito il sostegno all'integrità territoriale dell'Ucraina, tracciando un parallelo con la questione del Kosovo: «Per noi, il Donbass e la Crimea sono parte dell'Ucraina e non cambieremo posizione su questo» ha detto puntando il dito contro gli Stati europei che al contrario hanno cambiato la propria posizione sull'integrità territoriale della Serbia.

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