L’Euro pride sfida Belgrado: migliaia di attivisti in piazza
Nella chiesa di San Marco sono state fatte a lungo suonare le campane per coprire i suoni della festa Lgbt, mentre altri nazionalisti facevano rimbombare l’inno russo dagli altoparlanti

BELGRADO Esame superato, anche se con moltissime difficoltà e zone d'ombra, in un’atmosfera cupa, quasi d’assedio, disturbata da piccoli incidenti. È quello che ha archiviato la Serbia, dove migliaia di attivisti della comunità Lgbt europea, malgrado i divieti della vigilia e una pioggia torrenziale, hanno potuto sfilare in sicurezza nella marcia finale dell’EuroPride, il maggior evento di respiro europeo organizzato per i diritti di trans, gay e lesbiche, coronamento di una settimana di iniziative promosse per la prima volta in una città dei Balcani.
Marcia che non si doveva fare per la minaccia incombente di nazionalisti, ultradestra e gruppi religiosi ultraortodossi, avevano stabilito le autorità e aveva ribadito ieri la giustizia serba, vietando tutti i raduni. Ma alla fine gli attivisti Lgbt – ma anche i loro oppositori - sono comunque scesi in strada tenuti a debita distanza dalla polizia, in una Belgrado super-blindata, con uno schieramento di agenti in tenuta anti-sommossa senza precedenti negli ultimi anni.
«Tutto in sicurezza», aveva garantito poco prima della marcia il ministro degli Interni Vulin, un “falco” nell’esecutivo, presente in divisa nera nei pressi del palazzo della Corte costituzionale, da cui il corteo è partito per poi raggiungere, in una città deserta, lo stadio di Tasmajdan, dove si sono tenuti feste e concerti, tra bandiere arcobaleno e musica pop. Il via libera era arrivato poco prima, dalla premier Brnabic, prima leader serba apertamente lesbica, che aveva dato luce verde definitiva al corteo Lgbt.
Ma la tensione era comunque palpabile. Un gruppo di omofobi nazionalisti è riuscito a un certo punto a infiltrarsi nel Pride, urlando «la Serbia è ortodossa» e innalzando croci e icone. Prima e durante la marcia Lgbt, incidenti e scontri con la polizia si sono registrati in tutto il centro, con giornalisti e alcuni attivisti assaliti dai nazionalisti.
«Via, traditori, giù la fotocamera», hanno urlato anche a chi scrive, minacciando di passare alle maniere forti. A protestare contro il Pride, anche molti esponenti religiosi.
Nella chiesa di San Marco sono state fatte a lungo suonare le campane per coprire i suoni della festa Lgbt, mentre altri nazionalisti facevano rimbombare l’inno russo dagli altoparlanti. Sono stati una trentina i facinorosi e gli hooligan fermati dalla polizia.
Proteste dei nazionalisti e mega-schieramento di polizia per proteggere i partecipanti al Pride «che non mi sorprendono e gli agenti stanno facendo un lavoro fantastico per difenderci, anche se spero che gli anni prossimi non ci sarà bisogno di tutto questo», racconta Michael, 29 anni, arrivato da Malta, indicando le centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa che presidiano il centro di Belgrado.
Sono scene, quelle di un Pride blindato, che «nel Regno Unito abbiamo visto per l’ultima volta negli Anni Settanta, non sono certo abituato», considera invece Philip, inglese, anche lui per la prima volta in Serbia. Abituata è invece Fotini, greca di Atene, «In Grecia queste cose capitavano dieci anni fa ma apprezzo lo sforzo delle autorità per permettere alla fine che la marcia si svolga», aggiunge. «Ero più preoccupata passeggiando per Belgrado prima del Pride, dicono che si vede che sono lesbica e, prima della marcia, temevo che qualcuno mi additasse e potesse accadermi qualcosa.
Ma l’importante è essere qui, a ogni marcia, e questa è ancora più essenziale perché è la prima volta che l’EuroPride si tiene in una città dei Balcani», chiosa. Belgrado dove gli italiani erano molti., «Un po’ di ansia c’è», racconta Alessandro Battaglia, di Torino Pride. Ma «siamo qui e non ci facciamo intimorire, il Pride è una marcia per i diritti. E chi è contro è contro i diritti».
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