«Le capesante dell’Adriatico sono a rischio estinzione. Fermatene la pesca»
Appello partito dal convegno su ecosistema marino e cambi climatici
ospitato a Veglia. Timori anche per seppie, triglie, naselli e sogliole

TRIESTE Un mollusco bivalve dall’aspetto raffinato e dal gusto delizioso, che spesso va ad arricchire i menu delle famiglie che vicono in territori affacciati sull’Adriatico e ul Mediterraneo e non solo. È la capasanta o conchiglia di San Giacomo, specie che sta soffrendo la pesca non sostenibile praticata nelle acque di Istria, Dalmazia e Quarnero: un’attività intensiva che ne sta mettendo a rischio l’esistenza. Da qui la proposta di sottoporre la capasanta a fermo biologico permanente.
L’appello è stato lanciato nel corso della conferenza intitolata “Cambiamenti climatici e tutela dell’ecosistema del mare Adriatico”, appuntamento tenutosi a Veglia città, alla presenza di decine di esperti giunti nella località quarnerina da tutta la Croazia e dall’estero (Slovenia, Austria, Australia e Canada).
Sono state le biologhe marine Milena Micic e Žana Moslavac dell’Acquario di Pola a parlare della necessità di varare il divieto di pesca della capasanta in Adriatico per evitarne la scomparsa. Una misura che verrà sottoposta ora all’attenzione delle competenti autorità croate. «Dobbiamo agire rapidamente – hanno dichiarato in coro – perché le specie marine minacciate sono tante ma noi tendiamo a far finta di nulla, ispirandoci al motto “finché dura...”. Per la capasanta si dovrebbe adottare lo stesso sistema adottato a favore dei datteri di mare. Una tutela, peraltro, invocata anche per la canocchia, o cicala di mare, sempre più rara dalle nostre parti».
Le due biologhe hanno citato altre specie la cui biomassa è stata erosa da decenni di pesca esageratamente intensa: seppie, moscardini, murici, triglie, sardelle, acciughe, anche i naselli e le sogliole. L’unica eccezione nelle acque adriatiche, secondo Micic e Moslavac, è rappresentata dal tonno rosso o tonno pinna blu, protetto da provvedimenti che stanno dando risultati più che discreti.
A Veglia è intervenuto pure Tomislav Šaric, veterinario, docente all’Ateneo di Zara, che ha parlato di un altro mollusco bivalve, il mussolo o arca di Noè. Ha rilevato che negli ultimi dieci anni sono state registrate diverse morie di questo prelibato bivalve, ormai non più presente sui fondali di due isole dell’arcipelago zaratino, Pasmano e Selve, fino a poco tempo fa zone in cui i mussoli abbondavano. Secondo Šaric, ad ucciderli sono microrganismi patogeni, che attaccano specie che hanno anche un’importanza economica, bivalvi che vengono prima fiaccati dalle temperature sempre più alte del mare.
La conferenza di Veglia ha anche dedicato spazio al progetto di salvaguardia delle nacchere di mare o Pinne nobilis, il più grande bivalve del Mediterraneo, vittima di vere e proprie “stragi” che ne hanno ridotto la presenza al lumicino.
A sterminare questa grande conchiglia è stato il parassita Haplosporidium pinnae. Stando agli esperti, nella parte croata dell’Adriatico è viva una decina di esemplari, specie nelle sue acque settentrionali, mentre in Dalmazia sono sopravvissute forse due nacchere.
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