Kristina, la designer del primo museo croato che racconta la vita nell’ex Jugoslavia

Mirošević fa parte del gruppo che a Ragusa (Dubrovnik) ha allestito il “Red History Museum”, che racconta luci e ombre dell’epoca

Giovanni Vale
HRVOJE MARGARETIC PHOTOGRAPHY
HRVOJE MARGARETIC PHOTOGRAPHY

TRIESTE. Kristina Mirošević ha una risata contagiosa: la sorprende nel mezzo di un discorso e trascina con sé anche chi le sta di fronte. La incontriamo nel vecchio quartiere industriale di Ragusa - Dubrovnik, Gruž, dove attraccano i traghetti della Jadrolinija e le immense navi da crociera cariche di turisti. Qui, all’interno di una fabbrica jugoslava in disuso, Mirošević ha aperto nel 2019, assieme ad alcuni amici, uno dei musei più originali della città: il Red History Museum, il primo museo croato dedicato alla Jugoslavia.

Nata a Dubrovnik nel 1989, Kristina Mirošević si è laureata in Design a Zagabria nel 2014, e dopo qualche anno di lavoro nella capitale croata è tornata nella sua città natale. «In quel periodo pensavo di trasferirmi a Berlino, la mecca di ogni designer. Ci andavo molto spesso», racconta la giovane curatrice. Nella capitale tedesca era rimasta colpita dal museo della Ddr, «interattivo e capace di presentare sia le cose positive che quelle negative» della Germania Est, annota. Così, quando il compagno Krešimir Glavinić le ha proposto l’idea di un museo della Jugoslavia, lei non ci ha pensato due volte.

2018 ANTONIO BOKSIC
2018 ANTONIO BOKSIC

«Abbiamo iniziato a lavorarci nel 2018. Prima il piano generale del museo assieme a un architetto, poi la costruzione finanziaria del progetto, che è stata davvero complicata», ricorda Mirošević. Con i soldi messi da parte e alcuni prestiti di amici, Kristina e Krešimir hanno viaggiato nei Balcani alla ricerca di cimeli della Jugoslavia socialista. «Compravamo nei mercatini delle pulci o da privati. La gente ci diceva: “questa tv funziona ancora”, oppure “questo asciugacapelli va benissimo”. Pensavano comprassimo per noi!», racconta la designer divertita.

Oggi sono i privati ad arrivare al Red History Museum per regalare vecchi oggetti, e la mostra – che si snoda tra le diverse stanze di un ipotetico appartamento – racconta nel dettaglio la vita quotidiana al tempo della Jugoslavia, esibendo fra l’altro un’automobile Yugo e un’edicola. Nonostante la pandemia, il museo ha tre dipendenti fissi e tre collaboratori esterni, e accoglie ogni anno circa ventimila visitatori, una cifra in crescita.

Certo, le polemiche non sono mancate. Al momento dell’inaugurazione, nel 2019, «i portali nazionalisti ci hanno attaccato e c’era chi minacciava di portarci a Strasburgo perché “facevamo la promozione di regimi totalitari”, ma non è così. Una società sana ha bisogno di musei come questo», afferma Mirošević. Oltre alla musica, al cibo e a altri aspetti della cultura popolare, il Red History Museum racconta anche i lati più cupi della Jugoslavia: Goli Otok, la polizia segreta, la censura... «Il museo è uno spazio in cui si può parlare normalmente di questi temi», prosegue Mirošević, «in Croazia il nazionalismo resta molto forte. Mi fa impressione che ci siano persone giovani che si considerano “ustascia”. Spero che le cose cambino».

A Dubrovnik in ogni caso il cambiamento è già iniziato. Kristina Mirošević e gli altri creativi che hanno aperto bottega nel vecchio complesso industriale Tup (una fabbrica di prodotti in grafite di carbonio aperta nel 1953 e da poco dismessa) sono riusciti a convincere il Comune a comprare l’impianto per 10 milioni di euro, salvandolo dalla demolizione. E in questo spazio di quasi diecimila metri quadrati – dove sono già spuntati una discoteca, una birreria artigianale, uno studio musicale e tante altre attività – Mirošević immagina ora la nascita di un hub culturale. Gli hangar vuoti aspettano insomma di rinascere sotto una nuova forma; e invece di emigrare, la curatrice del Red History Museum ha finito per portare un pezzetto di Berlino nella sua città.

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