Kosovo, il giallo del piano firmato da Francia e Germania risolvere i rapporti con la Serbia

Il riconoscimento di Pristina da parte di Belgrado slitterebbe di 10 anni.

Grossi vantaggi economici per Vučić con l’enorme afflusso di soldi Ue

Stefano Giantin

Il 2023 potrebbe essere un anno-chiave, nei Balcani. Se ne parla sottovoce da settimane, in molti capitali della regione, tra indecifrabili evocazioni e sibilline dichiarazioni a proposito di una risoluzione della decennale questione del Kosovo, da raggiungere soprattutto grazie alla discesa in campo di Francia e Germania. E ora una nuova notizia avvalora il quadro, ancora con i contorni del giallo, senza conferme ufficiali.

È quella circolata su vari media balcanici, in primis il portale Albanian Post, che ha svelato l’esistenza di un «piano» ancora segreto, anzi di una «nuova cornice» per il dialogo, tracciata proprio da Parigi e Berlino, per risolvere una volta per tutte il problema dei rapporti tra Serbia e Kosovo. Si tratta di un documento di quattro stringate paginette, che parte dal presupposto che Serbia e Kosovo «non riusciranno mai a risolvere da sole il problema» dei loro rapporti bilaterali, anche se dovessero discuterne per anni, in quel di Bruxelles. E allora il presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Scholz hanno deciso di pensarci loro, con il primario obiettivo di «raggiungere entro la metà del 2023 una sostanziale normalizzazione dei rapporti», si legge nel documento svelato dai media. Come muoversi? A fare il passo più doloroso dovrebbe essere la Serbia, che nei prossimi mesi invece del riconoscimento a tutti gli effetti dell’indipendenza del Kosovo, una mossa al momento inimmaginabile, dovrebbe «riconoscere la realtà del Kosovo» come entità «legalmente e politicamente separata», in pratica un’ammissione informale dell’indipendenza kosovara, senza riconoscimento ufficiale, sulla falsariga del modello delle “due Germanie”, Est e Ovest. Quale il vantaggio, per Belgrado? Grande, dal punto di vista economico. Nel documento si parla infatti di «enormi aiuti economici» in arrivo in Serbia dalla Ue se Belgrado troverà il coraggio di fare il gran passo, con la Serbia su cui l’Ue punterà, anche prima della sua adesione, come «potenza economica e politica che guida la regione». Anche Pristina, che vuole solamente essere riconosciuta dalla Serbia, avrebbe i suoi vantaggi, con il suo riconoscimento come Paese indipendente da parte dei cinque Paesi Ue che non l’hanno ancora fatto, ossia Spagna, Grecia, Romania, Slovacchia e Cipro. In questo modo potrebbe anche progredire sulla strada dell’adesione a «organizzazioni internazionali» come Consiglio d’Europa, Interpol e Unesco, fare domanda per entrare nella Ue e nella Nato e poi, fra qualche anno, anche nell’Onu.

Naturalmente, entrambi i Paesi potrebbero avanzare più o meno rapidamente verso la Ue. Poi, fra dieci anni, quando Serbia e Kosovo dovrebbe essere pronta ad accogliere nuovi membri – prima è fuori discussione – l’intesa del 2023 tra Serbia e Kosovo dovrebbe essere rivista, l’idea di Parigi e Berlino. E quella volta dovrebbe per forza arrivare il mutuo riconoscimento formale, perché nella Ue non possono entrare Paesi con seri problemi bilaterali ancora sul tavolo. Cosa accadrebbe in caso di rifiuto di siglare il patto, nel 2023? Un isolamento totale, politico ed economico, sia per Pristina sia per Belgrado. Solo una boutade giornalistica? Malgrado i «no comment» di Ue e Usa, arrivati ieri, sembra di no. Nei giorni scorsi, non a caso, Vučić aveva proprio svelato proprio l’esistenza di una «nuova cornice» nel dialogo con Pristina e parlato di «pressioni crescenti» su Belgrado affinché accetti. E ieri ha confermato di aver ricevuto un documento, ritenuto per ora inaccettabile perché parla appunto anche di ingresso di Pristina nell'Onu.

Riproduzione riservata © il Nord Est