Kosovo senza governo: nuove elezioni a un passo

Dopo la vittoria di Kurti a febbraio il Parlamento non riesce a eleggere il presidente: diciotto votazioni senza esito. Il ritorno alle urne è l’ipotesi sempre più probabile

Stefano Giantin
Albin Kurti (Epa)
Albin Kurti (Epa)

Anche un singolo numero, a volte, può evocare le dimensioni di una gravissima crisi politica. Il numero è il diciotto, che segnala le volte che il Parlamento del Kosovo ha fallito nelle ultime settimane in un compito solo all’apparenza ordinario, ma essenziale per dare un governo alla nazione: quello dell’elezione del presidente del Parlamento, che appare sempre più irrisolvibile, in uno Stato invischiato in una delle più serie crisi istituzionali dall’indipendenza a oggi.

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La redazione
Albin Kurti

Questa settimana l’ennesimo fallimento dell’elezione di Albulena Haxhiu, candidata indicata dal partito di maggioranza, Vetevendosje (Autodeterminazione), del premier uscente Albin Kurti, quale potenziale “arbitro” e garante massimo all’Assemblea nazionale di Pristina.

Lo stallo totale nasce a causa del peccato originale della nuova legislatura. Alle elezioni dello scorso febbraio, infatti, Vetevendosje ha vinto alle urne con un dignitoso 42% di consensi, ma il partito di sinistra-nazionalista guidato da Kurti è riuscito a conquistare solo 48 seggi, dieci in meno rispetto a 4 anni prima. Secondi e terzi si sono piazzati due partiti storici di centrodestra, Pdk e Ldk, che hanno rispettivamente 24 e 20 seggi. Quarto è l’Aak-Nisma, con 8 seggi, mentre i restanti seggi sono andati ai partiti delle minoranze etniche, in testa la Srpska Lista (9).

Numeri dietro cui si nasconde una stasi totale. Per eleggere il presidente del Parlamento – e con quella poltrona vacante non si può procedere alla formazione del nuovo governo – servono infatti almeno 61 voti favorevoli su 120. E i voti degli uomini di Kurti non sono finora bastati, con le opposizioni che continuano a respingere ogni compromesso sul nome di Haxhiu, da loro considerata «figura divisiva». Lo si è visto a partire dal 15 aprile, quando il Parlamento di Pristina si è riunito per la prima volta dopo il voto di febbraio, fino all’ultima fumata nera, la diciottesima appunto.

Oggi è in agenda una nuova votazione, ma nulla fa pensare che ci sia spazio per una svolta. «Kurti avrebbe bisogno di quattro, cinque deputati», ma mancano e «l’opposizione è soddisfatta, perché sta addossando a Kurti la responsabilità dello stallo», spiega il politologo Ognjen Gogić. Nel frattempo, tutti i tentativi di ricomporre la crisi stanno naufragando. Flop anche per le potenze occidentali, Usa e Regno Unito in testa, che avevano fatto pressioni per superare l’impasse, quanto la stessa presidente Osmani. E il voto anticipato appare dietro l’angolo.

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