Italia e Austria spingono la Bosnia: «Avanti verso l’Unione europea»

BELGRADO. Un sostegno senza se e senza ma alla Bosnia-Erzegovina, mossa significativa in vista del Consiglio Ue di fine marzo, ma anche critiche alla Ue – ovvero a sé stessi – per i troppi ritardi nel processo d’allargamento negli ultimi due decenni, errore che ha permesso a Russia e Cina di mettere un piede stabile nei Balcani. Sono i messaggi-chiave della visita congiunta del ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani e del suo omologo austriaco, Alexander Schallenberg, ieri a Sarajevo - accolti anche dal ministro degli Esteri di Bosnia e Erzegovina Elmedin Konaković - con la missione di lanciare un messaggio alla leadership del Paese balcanico e ai colleghi Ue: la Bosnia è «parte dell’Europa e sarà un membro a tutti gli effetti dell’Unione europea nei prossimi anni».
Parole autorevoli pronunciate nella capitale bosniaca dallo stesso Tajani, che ha assicurato che questa è «la posizione dell’Italia» e che lui, da vicepremier e ministro degli Esteri, spingerà «per l’apertura dei negoziati al Consiglio europeo di marzo, sottolineando i progressi fatti» da Sarajevo. Il Consiglio, ricordiamo, sarà decisivo per il futuro della Bosnia, ancora una volta superata nel dicembre scorso da Ucraina e Moldova, alle quali è già stato concesso il placet per l’inizio dei negoziati, con la Commissione che ha invece lasciato in un limbo Sarajevo fino a che «il necessario allineamento con i criteri di adesione non sarà raggiunto». Il 21-22 marzo, comunque, l’attenzione sarà tutta su Sarajevo e sull’auspicata luce verde per i negoziati. Luce verde – ancora non scontata - che è giustificata, perché «la situazione è migliore oggi, riconosciamo il vostro impegno», ha dichiarato ieri alle controparti bosniache Tajani.
Praticamente sulla stessa linea Schallenberg, rappresentante di quell’Austria che – assieme a Italia, ma anche a Slovenia e Croazia – è in prima fila per accelerare l’integrazione della Bosnia e dei Balcani nella Ue. La Bosnia-Erzegovina «ha ottenuto un impressionante miglioramento nei mesi passati», in particolare per quanto riguarda «la legge sul riciclaggio di denaro sporco» e «l’apertura dei negoziati con Frontex» per un miglior controllo delle frontiere, uno dei temi più caldi, ha detto Schallenberg - ma molto rimane da fare, come le leggi sulla «prevenzione del conflitto d’interessi e quella sui tribunali», ha precisato su X Johann Sattler, l’ambasciatore Ue a Sarajevo. È certo tuttavia che «avete fatto più in questi mesi che negli ultimi anni», ha sottolineato Schallenberg, facendo appello ai politici locali a non mettersi di traverso, un riferimento al nazionalista serbo-bosniaco Milorad Dodik. E poi il pungolo alla Ue nel suo insieme, che, forse, non ha fatto abbastanza negli anni e decenni passati. I Balcani occidentali, ha infatti riconosciuto Schallenberg, «non sono il cortile della Ue, ma il loro centro». Malgrado questo dato di fatto, è stato «permesso a terze parti, Mosca e Pechino, di esercitare una grande influenza in una regione che è al 100% europea», ha rimarcato il rappresentante austriaco.
All’origine del problema, troppi accordi mancati sull’allargamento. Dal vertice di Salonicco, più di vent’anni fa, «abbiamo promesso e non abbiamo mantenuto, creando un vuoto. Se la Ue non è una risposta credibile, altri si infileranno», ha chiosato Schallenberg. Ma la Ue ora, ha aggiunto, ha compreso l’errore e vuole correggerlo. Dal 24 febbraio 2022, la data dell’aggressione russa all’Ucraina, «comprendiamo che la nostra politica di vicinato è il più importante strumento geostrategico che abbiamo». E va usato subito, nei Balcani, in Ucraina e Moldova.
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