Istria, una piattaforma metanifera ancora in fondo al mare al largo di Pola: la protesta di Greenpeace

/ zagabria
Rimuovere la piattaforma metanifera Ivana D, affondata esattamente tre anni fa una quarantina di miglia al largo di Pola causa una violenta ondata di maltempo: una struttura oggi sul fondo del mare, che rappresenta una potenziale minaccia per l’ambiente marino e non solo. È questa la posizione di Greenpeace, i cui attivisti giunti da varie parti della Croazia, ma anche della Slovenia e dell’Ungheria hanno inscenato ieri una protesta di fronte alla sede di Zagabria della società croato – ungherese Ina, proprietaria della piattaforma.
I manifestanti hanno esposto la scultura di sei metri intitolata “Scogliera artificiale”, con la quale hanno ricordato all'Ina che sono trascorsi tre anni dall'incidente del dicembre 2020 e che circa 500 tonnellate di metallo giacciono a 40 metri di profondità. Si è ripetuta così la protesta di un anno fa: Greenpeace ha ricordato che con un decreto del settembre 2021 l'Ispettorato statale aveva ordinato che Ivana D venisse riportata in superficie, trasportata in un'area dove non costituisse pericolo e infine smantellata. L'ordine avrebbe dovuto venire eseguito entro un anno, ma è rimasto inascoltato. L’Ispettorato non era stato l'unico a ritenere necessaria la rimozione, trovando appoggio da altre istituzioni statali, tra cui l'Ufficio croato dell'Ombudsman.
Nonostante le prese di posizione - ha fatto presente Greenpeace - il ministero dell'Economia e dello sviluppo sostenibile di Zagabria continua a tollerare questa situazione, «permettendo all'Ina di risparmiare diversi milioni di euro per la mancata opera di recupero della piattaforma colata a picco». Secondo Petra Andrić, responsabile della campagna Greenpeace in Croazia, il dicastero non sta facendo gli interessi dell' habitat marino e starebbe creando i presupposti per un identico atteggiamento nei riguardi delle altre 19 piattaforme metanifere off-shore e delle 9 pianificate che dovessero un giorno inabissarsi.
È intervenuto fra gli altri anche Axel Luttenberger, docente di diritto marittimo alla facoltà di Marineria a Fiume ed ex sindaco di Abbazia: «Non ci sono dubbi su quanto accaduto e sul soggetto responsabile. L'Ina ha l'obbligo di risanare i danni e lo Stato croato ha il diritto di chiedere alla compagnia il risarcimento per i danni causati. In caso contrario, lo Stato concederebbe illegalmente all'Ina un grosso aiuto finanziario per non aver liberato il fondale adriatico dall'ingombrante presenza». Greenpeace ha riferito di avere avviato una raccolta di firme con la quale sarà chiesto al governo del premier Andrej Plenković di ordinare la rimozione urgente della piattaforma.
Del tutto opposta la versione di Ina e della compagine ministeriale, secondo le quali la struttura è stata messa in sicurezza e non costituisce minaccia. Da ricordare infine che gli ambientalisti si oppongono a che la struttura sia trasformata in reef, una sorta di barriera corallina artificiale, dove potrebbero nascere e svilupparsi diverse specie ittiche.
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