In Croazia file ai cambi e allarme prezzi. Plenković: «No a rincari ingiustificati»

Fino al 15 gennaio si potrà pagare con le kune, il resto viene erogato nella divisa europea

Mauro Manzin

TRIESTE. Primo banco di prova in un dì feriale lunedì 2 gennaio in Croazia con l’euro. Ed è stato un giorno di ordinaria follia nonostante i proclami del governo che tutto sta andando secondo i piani prestabiliti. Ma una cosa è la teoria, un’altra la pratica. Lunghe file si sono registrate infatti agli sportelli delle banche per il cambio (gratuito) delle kune in euro e disagi, anche qui con spiacevoli attese, sono stati registrati in molte città del Paese, come per esempio a Pola, nei negozi e nei chioschi dove si acquista al volo un quotidiano un pacchetto di sigarette e altro merchandising più spiccio. Chi paga in kune (lo si può fare fino al 15 di gennaio) riceve il resto in euro e i gestori dei chioschi così come alcuni titolari dei negozi si sono dimostrati alquanto impacciati e quindi lenti nel calcolare il resto nella nuova divisa da rendere al cliente.

Ma, soprattutto, c’è stata la ribellione dei consumatori che hanno denunciato sui social un aumento dei prodotti camuffato dalla conversione della kuna in euro, al punto che il premier Andrej Plenković in un tweet ha scritto: «Ho convocato una riunione con i ministri competenti e i rappresentanti dell'Amministrazione fiscale, dell'Amministrazione doganale e dell'Ispettorato dello Stato per ulteriori attività a tutela dei consumatori da aumenti di prezzo ingiustificati. L'introduzione dell'euro non è un motivo per aumentare i prezzi di beni e servizi». Invitati anche i responsabili di alcune catene di supermercati e la grande distribuzione. Insomma quello che i croati temevano alla vigilia della conversione è avvenuto. Se poi ci aggiungiamo un’inflazione che nel Paese è a due cifre già da almento 4 mesi si comprende la rabbia dei croati.

Ad esempio, il burro, che ora una nota catena di supermercati pubblicizza a un prezzo "in offerta" di 2,89 euro, ovvero 21,77 kune, fino a poco tempo fa costava 13,59 kune, secondo i consumatori. «Non insultate la nostra intelligenza. Avete alzato vergognosamente i prezzi a vostro favore», ha scritto un utente sulla pagina Facebook del supermercato, mentre altri clienti hanno annunciato che non avrebbero più fatto acquisti presso quella catena. Ana Knežević, presidente dell'Associazione croata per la protezione dei consumatori (Huzp) afferma che ieri non hanno ricevuto reclami da parte dei consumatori contro le grandi catene di vendita al dettaglio. Tuttavia, i consumatori si sono lamentati del fatto che il caffè nei bar è diventato più costoso a causa degli arrotondamenti, da 1,50 fino a 1,80 euro, così come il pane e le sigarette. «Purtroppo è avvenuto quello che abbiamo previsto - spiega Knežević - così come era successo in Italia e in Slovenia con l’ingresso nell’euro». «I consumatori affermano che il pane nelle panetterie, che costava 7 kune, ora costa 1 euro, e lo stesso vale per le sigarette che sono aumentate in media da 30 a 40 kune a pacchetto», sostiene ancora Knežević che mette anche in guardia su alcune pratiche sleali di alcune catene di vendita al dettaglio che ora pubblicizzano che arrotonderanno tutti i loro prezzi per difetto, ma pochi giorni fa hanno aumentato i prezzi di alcuni prodotti del 20%. «Quanto vale per noi ora che il prodotto è più economico di pochi centesimi, se è già aumentato di prezzo del 20%?» si chiede ironicamente. Ma le critiche non si fermano qui. «È difficile non notare quanto sia assurdo che lo Stato sia improvvisamente sorpreso dall'aumento dei prezzi a seguito dell'introduzione dell'euro - prosegue Knežević - soprattutto dopo che all’opinione pubblica è stato assicurato lo scorso anno che l'introduzione della nuova valuta non porterà ad un aumento se non un minimo ridotto a centesimi». «E mentre le associazioni di categoria e dei consumatori invitavano la Croazia a emulare la Slovenia, che già due anni prima dell'introduzione dell'euro preparava le sue associazioni dei consumatori a controllare ambiziosamente lo stato del mercato - conclude - la Croazia ha scelto la propria strada, che si è ridotta alla guida del governatore della Banca centrale che consiglia i cittadini a "comprare lì dove costa meno"».

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