Il ricordo a Strasbrugo di Stepinac, il cardinale divisivo che riaccende le tensioni tra Serbia e Croazia
Collaborazionista del sanguinario regime ustascia secondo la Serbia. Vittima del totalitarismo titino per i croati: il presule continua a dividere

Esistono, nei Balcani, temi destinati a rimanere divisivi, per una ragione o per l’altra, per decenni, forse per sempre. C’è la questione del Kosovo, indipendente per Pristina o cuore del suo territorio per Belgrado.
C’è la tragedia di Srebrenica, con nazionalisti serbi che ancora negano sia stato genocidio . E ancora la conta sugli eliminati a Jasenovac.
E c’è poi Alojzije Stepinac, controverso cardinale e arcivescovo di Zagabria al tempo del sanguinoso regime ustascia, per alcuni solo un collaborazionista, per altri una vittima del totalitarismo titino, figura che a intervalli regolari fa esplodere nuove laceranti diatribe tra Belgrado e Zagabria e oltre.
È accaduto di nuovo, in questi giorni, a causa di una solo all’apparenza banale conferenza dedicata a Stepinac. Una conferenza, questa la miccia principale della contrapposizione ideologica, organizzata martedì sera negli spazi del Parlamento europeo a Strasburgo, un’iniziativa fortemente voluta dalla croata Zeljana Zovko, europarlamentare dell’Hdz e influente esponente del Ppe in Europa, partito di cui è vicecapogruppo a Strasburgo.
L’idea, quella di far conoscere agli eurodeputati interessati e all’opinione pubblica europea «la vita e l’eredità del beato Stepinac» e «sono onorata che l’evento abbia contribuito a fare luce sulla verità storica che conferma senza ombra di dubbio la santità» del fu arcivescovo, ha twittato la stessa Zovko. Che, durante la conferenza, ha lanciato un appello a rilanciarne il percorso di canonizzazione, che sarebbe in stallo da anni solo perché il Vaticano avrebbe “sacrificato” Stepinac nel complicato processo di avvicinamento alla Chiesa serbo-ortodossa e a Mosca. Mentre lo storico Robin Harris ha accusato Belgrado di «usare come arma» la questione Stepinac contro la Croazia.
Ma la campana serba è ben diversa e ha risuonato con forza anche questa volta, in particolare sui tabloid filogovernativi, ma non solo. Stepinac rimane figura assai contrastata e la conferenza a Strasburgo sarebbe in realtà stata solo un «tentativo per riabilitare storicamente e relativizzare un movimento schierato dalla parte del fascismo», leggi gli ustascia di Ante Pavelic, simbolo «del genocidio di serbi, ebrei e rom» e della «conversione forzata dei serbi al cattolicesimo». Questo il contenuto di una durissima nota del ministro degli Esteri serbo, Ivica Dacic. Nota in cui compare l’altra versione sulla figura di Stepinac, porporato che i serbi vedono nella migliore delle ipotesi come un silenzioso osservatore dello sterminio di serbi ed ebrei nello stato indipendente di Croazia (Ndh), nella peggiore come un aperto sostenitore di Pavelic. In Croazia, al contrario, Stepinac è visto da molti come un capro espiatorio, ingiustamente condannato dopo la guerra per collaborazionismo. Altri ancora sostengono che l’arcivescovo avrebbe addirittura protetto gli ebrei croati.
Ma il problema, in questo caso, è che la disfida su Stepinac non sarebbe rimasta confinata in patria, ma con l’ospitata all’Europarlamento si sarebbe superato il limite. «Le istituzioni Ue sono state fondate sulla vittoria sul fascismo, non saprei cosa direbbe chi ha dato la vita per quella vittoria vedendo la riabilitazione di Stepinac» a Strasburgo, ha rincarato Dacic. Sulla stessa linea, anche associazioni, Ong e storici stranieri, che hanno inviato «una lettera di protesta» a Strasburgo, ha rivelato ieri il quotidiano Politika. Si è schierato con voce autorevole anche l’ultimo cacciatore di nazisti, Efraim Zuroff. Che ha detto che Stepinac si merita «che si parli male di lui», altro che santificazione, nelle chiese o nei parlamenti.
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