Il presidente serbo Vučić lancia il Movimento nazionale per lo Stato

Serve un movimento «non antipartitico ma sopra i partiti», ha spiegato Vučić, aggiungendo che la Serbia «ha davanti il suo più difficile periodo politico» e serve «unità»

Stefano Giantin
Aleksandar Vučić ieri a uno degli appuntamenti Foto Presidenza serba
Aleksandar Vučić ieri a uno degli appuntamenti Foto Presidenza serba

BELGRADO Una tattica gattopardesca, far finta di cambiare tutto e innovare per lasciare l’intero sistema immutato, sotto la superficie. Oppure, ancora l’ennesima spinta verso una “democratura”, con il leader che cerca di accentrare ulteriormente il potere nelle sue mani. O invece una strategia, dai contorni ancora confusi, per rafforzare il consenso in vista di scelte dolorose riguardo il Kosovo.

Sono queste alcune delle possibili chiavi di lettura che circolano in Serbia a proposito del cosiddetto “Narodni pokret za drzavu” (Movimento nazionale per lo Stato, nda), un ancora misterioso concetto politico – forse anche forza di partito alle prossime elezioni – che è stato lanciato ieri, in un bagno di folla, dal presidente serbo Aleksandar Vučić.

Teatro della rappresentazione, la cittadina meridionale serba di Vranje, una delle aree più povere della Serbia, dove a migliaia – in tantissimi trasportati su autobus organizzati dal Partito progressista (Sns) al potere – si sono riuniti per acclamare Vučić, presidente in carica e leader dell’Sns, che proseguirà poi il tour in tutta la Serbia.

E proprio da Vranje Vučić ha confermato la creazione del “Pokret” entro maggio-giugno, invitando i serbi a far parte di un movimento di cui egli stesso sarà il protagonista e promotore.

In precedenza, parlando dagli schermi di una delle Tv amiche, Vučić aveva fornito qualche dettaglio in più su un progetto che sta mettendo in agitazione anche il suo Sns, che non sarà sciolto «perché è il miglior partito» nel Paese, ha assicurato. Serve però un movimento «non antipartitico ma sopra i partiti», ha a suo modo spiegato Vučić, aggiungendo che la Serbia «ha davanti il suo più difficile periodo politico» e serve «unità».

Ieri Vučić, davanti alla platea amica tra bandiere e inno serbo suonato dai trombettieri, ha poi ribadito, parlando «da presidente» della Repubblica, dei concetti che valgono in generale e che indirizzeranno la sua politica, che sia alla testa dello Stato, dell’Sns o di quel misterioso Pokret dove dovrebbero «ritrovarsi tutti quelli che sono o non sono nei partiti, perché dobbiamo unirci ed essere pronti» per tutto quello che può accadere. Sulla lista dei possibili accadimenti non dovrebbe esserci il riconoscimento del Kosovo. «Non sarò colui che firmerà l’indipendenza del Kosovo, non la riconosceremo né di fatto né de iure», ha precisato ieri Vučić, che sabato 18 marzo, vero D-day, sarà a Ohrid, col premier kosovaro Albin Kurti e l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell, per concordare il processo di implementazione dell’accordo del 27 febbraio, che prevede fra l’altro che Belgrado non si opporrà all’ingresso di Pristina in tutte le organizzazioni internazionali, Onu compresa.

Sarebbe proprio il nodo Kosovo la vera ragione dietro la nascita del movimento di Vučić, hanno suggerito critici e politologi. Fra le letture più interessanti, quelle dello storico e analista Dragomir Andjelković e di altri esperti, che hanno ricordato che l’intesa con Pristina è «assai impopolare» nella società serba. Calza allora a pennello un nuovo partito «satellite» dell’Sns, che dovrebbe intercettare voti e consensi in caso di firma di un accordo con Pristina, lasciando la patata bollente e l’onta ai Progressisti. E offrendo a Vučić una scialuppa di salvataggio.

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