Il giallo dei Mig serbi in volo contro i droni spia ai confini con il Kosovo
Alta la tensione fra i due Paesi impegnati nella “guerra delle targhe”. Scambi di accuse su misteriosi velivoli comandati a distanza

BELGRADO Dalla “guerra delle targhe” al giallo dei droni arricchito dal rombo dei Mig. Sembra correre verso una pericolosa escalation la nuova crisi che sta interessando l’asse tra Serbia e Kosovo. A dare fuoco alle polveri è stato il neo-ministro serbo della Difesa Milos Vucević, fedelissimo del presidente Aleksadar Vučić e piazzato su quella poltrona dopo anni in carica come sindaco di Novi Sad: una delle figure-chiave nel nuovo esecutivo serbo, è fieramente ostile alle sanzioni contro Mosca ma favorevole all’adesione di Belgrado alla Ue. Vucević ha rivelato che negli ultimi tre giorni, proprio in vista dell’applicazione delle nuove regole kosovare sulle targhe “illegali” serbe, «i nostri militari hanno osservato svariati velivoli comandati a distanza». Si tratterebbe di droni, partiti proprio da aree sotto controllo di Pristina, che si sarebbero mossi «lungo la linea amministrativa» tra Serbia e Kosovo, ossia il confine tra le due nazioni balcaniche perennemente ai ferri corti. E sarebbero poi addirittura «penetrati nel territorio della Serbia centrale» anche in aree lontane dal Kosovo come i distretti di Toplica e Nisava, ha aggiunto il ministro, mentre ieri sera i media serbi hanno parlato anche di un abbattimento di un drone sopra una caserma a Raska. Il sospetto, da parte di Belgrado, che si sia trattato di un’operazione militare o di spionaggio è molto forte, perché i droni - ha sostenuto lo stesso Vucević - avrebbero effettuato anche missioni «di osservazione aerea sulle posizioni di alcune unità dell’esercito serbo» e persino su «caserme e strutture militari».
Uno scenario, quello descritto dal titolare serbo del dicastero della Difesa, che ha allarmato Belgrado. L’altra sera la rieletta premier Ana Brnabić ha addirittura sostenuto che Mig-29 dell’aeronautica militare serba si sarebbero alzati in volo per identificare e forse neutralizzare i droni, scenario in parte smentito da Vucević. «I nostri caccia non erano in volo per i droni» ma per altre ragioni, «abbiamo procedure diverse per questi casi» e anche «sistemi più tecnologicamente avanzati», per rispondere e contrastare la minaccia. Di certo, su ordine dello stesso Vučić nelle sue funzioni di «comandante supremo» le forze armate di Belgrado hanno ricevuto il compito di «eliminare tutti gli oggetti» volanti non identificati, ha aggiunto Vucević senza entrare in ulteriori dettagli.
Vučić ha innalzato l’altro ieri lo stato d’allerta e quello di prontezza operativa dell’esercito serbo, in contemporanea con la decisione di Pristina di iniziare un percorso “a tappe” per obbligare i serbi del Kosovo a sostituire le loro vecchie targhe emesse dalle autorità di Belgrado con quelle ufficiali kosovare dalla sigla Rks: una mossa criticata per la discutibile tempistica da Europa e Usa e letta come una provocazione da parte di Belgrado.
In questo quadro, con gli animi già infiammati e i serbi del Nord del Kosovo pronti a risalire sulle barricate, droni kosovari nello spazio aereo serbo potrebbero rappresentare un vero e proprio casus belli. E Vucević ieri ha confermato che proprio di questo si parla: «Non posso dire a chi quei droni appartengano, ma posso affermare senza ombra di dubbio che i velivoli sono arrivati» dal Kosovo, ha detto. Ma da Pristina a rigettare gli addebiti è intervenuto ieri l’omologo kosovaro di Vucević, il ministro della Difesa Armend Mehaj: «Accuse sono del tutto infondate», ha detto. E sono pure pianificate a tavolino «per aumentare il numero di truppe serbe a ridosso del Kosovo», oltre che per «diffondere il panico tra i cittadini di entrambi i Paesi», ha sostenuto Mehaj, aggiungendo poi che Belgrado con la storia dei droni vorrebbe solo destabilizzare la regione, dopo che Pristina ha deciso di andare avanti sulla strada del cambio targhe.
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