Il bar affacciato sul valico e le vigne divise in due «Aspettavamo da 30 anni»

TRIESTE Case sulla carta divise in due da un confine, la cucina in Croazia, il salotto in Slovenia, con i loro abitanti che si stringono nelle spalle e da anni fanno i transfrontalieri loro malgrado, tra una stanza e l’altra. Fattorie, ristoranti e bar tagliati a metà da una frontiera, invisibile ma presente e fastidiosa, foriera di problemi e scontentezza. L’ingresso della Croazia nell’area Schengen non sarà celebrato solo dalla leadership politica a Zagabria e ai maggiori valichi confinari, in occasione dell’abbattimento delle sbarre e della rimozione definitiva dei controlli. A gennaio sarà festa grande anche in villaggi e paesini dimenticati, in zone periferiche, lungo la frontiera - dall’Istria con la sua comunità italiana fino all’Est - dove per decenni la gente del posto ha avuto a che fare ogni giorno con difficoltà kafkiane e divisioni artificiali. Presto solo un cattivo ricordo.
Gente come Mladen Mihin, 48 anni, gestore assieme alla compagna del Caffè Zeko, a Dubrava Krizovljanska, paesino di poche anime in Croazia al confine con la Slovenia. Ma dov’è, lì, il confine? Al Caffè Zeko lo si deve immaginare perché manca una segnaletica ad hoc. Si trova però sulla linea di mezzeria della strada secondaria che passa davanti al locale. Da una parte, dove c’è il bar, è Croazia. Dall’altra parte della strada, Slovenia. E ancora oggi, se si vuole rispettare la legge, i clienti sloveni dovrebbero “annunciare” alle rispettive polizie di frontiera di voler andare a bere una birra dal croato Zeko, dato che per farlo devono varcare una frontiera intangibile ma esistente. Frontiera che cadrà il primo gennaio ed «è un momento che aspettavamo da trent’anni, è una gioia enorme», dice entusiasta Mladen, evocando la scena della «polizia che si allontana» per sempre, la fine dei controlli.
«Finora – racconta – non potevamo muoverci liberamente, i clienti» d’oltreconfine «dovevano annunciarsi, c’erano un sacco di limitazioni e difficoltà». «La polizia solo nell’ultimo anno ha allentato i controlli, ma prima d’allora era incredibile, insopportabile con tutte le chiamate delle forze dell’ordine» per controllare i passaggi della frontiera, per bere qualcosa. «Tanti sloveni alla fine venivano qui illegalmente, senza annunciarsi, anche se le regole prevedono ancora che si controllino i documenti di tutti» quelli che attraversano la strada-confine. Mladen ora potrà realizzare il sogno di ingrandire il caffè puntando sull’accoglienza di turisti, un «passo importante per noi», il tutto facilitato «dalla libertà di circolazione» tanto attesa.
Come Mladen in tanti altri hanno trascorso anni, decenni, con un piede in Croazia, l’altro in Slovenia. Per incontrarne uno basta andare una sessantina di chilometri a nord, nel paese di Banfi, dove si trova la Vinarija Kunčić, storica azienda vinicola croata, origini che risalgono al 1859. E una caratteristica particolare: «Il confine passa attraverso il nostro cortile e la casa», si legge sul sito ufficiale dell’impresa.
«È vero», conferma Dragutin Kunčić, che con la moglie e il figlio Denis continua una tradizione secolare. «Io ho casa nella parte croata, mio figlio in quella slovena, ma lavoriamo insieme, lui ha targa slovena e io croata, i bambini vanno alla scuola slovena, metà e metà». E con l’ingresso in Schengen della Croazia, l’azienda che ha «terreni da una parte e dall’altra», a cavallo tra Croazia e Slovenia, «le cose andranno sicuramente meglio, sarà tutto più facile, anche se noi non abbiamo avuto grandi problemi» nell’avere una frontiera nell’aia, commenta Dragutin. Che però è meno ottimista del ristoratore Mladen. «Chi vive su una frontiera ha comunque sempre problemi, gli sloveni ci controlleranno ancora, sono giochi politici e poi ci sono tanti agenti, dovranno fare qualcosa per non stare con le mani in mano», suggerisce maliziosamente.
Ma non ci sono solo i Mladen e i Dragutin. Nel corso degli ultimi anni l’assurdità dei confini che separano villaggi, famiglie, che tagliano a metà edifici e abitazioni ha avuto eco in tutta la regione. Fra i casi più noti, la “Gostilna Kalin” di Bregana, a un passo dal grande valico di Obrezje, immortalata dal designer-cartografo Andy Proehl, che nella sua serie «Strange borders», strani confini, ha inserito proprio il ristorante dove, «dopo qualche drink in Slovenia, si poteva andare al bagno in Croazia». Ma ci sono anche casi meno simpatici, come i tanti proprietari di fattorie, case e immobili vari, anche in Istria o in paesini come Razkrizje, rimasti con il cerino in mano dopo l’arbitrato, una parte delle proprietà da una parte, il resto dall’altra.
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