L’Europa dà le pagelle sull’integrazione: Montenegro e Albania vicini all’Ue
Belgrado bacchettata: «Notevole rallentamento» nelle riforme e «pressioni sulla società civile»

Promossi a pieni voti Montenegro e Albania, ma bene fanno anche Ucraina e Moldova. Dietro la lavagna, invece, finiscono Macedonia del Nord, Bosnia-Erzegovina, Kosovo e soprattutto la Serbia, oggetto di severe bacchettate. Si possono riassumere così le “pagelle” rese pubbliche dall’Unione europea, voti relativi ai progressi dei paesi candidati all’adesione, obiettivo strategico per tutti i Balcani occidentali, oltre che per Kiev e Chisinau.
La bandiera blu a dodici stelle per alcuni sembra ormai a portata di mano, mentre per altri rimane inafferrabile. O forse addirittura si allontana. Lo si evince leggendo i rapporti pubblicati dalla Commissione, che ha avuto parole dolci in particolare per Montenegro e Albania.
Podgorica è ormai saldamente «il paese più avanzato nel processo d’adesione», con «un orientamento strategico verso la Ue». Non solo. Il piccolo paese adriatico ha persino «accelerato notevolmente» gli sforzi per l’adesione nell’ultimo anno». E i risultati si vedono, anche se Bruxelles si attende «ulteriori progressi nei settori critici della libertà di espressione e dei media, della lotta alla corruzione e alla criminalità». Comunque, «il Montenegro vuole concludere i negoziati alla fine del 2026» e, visto il quadro attuale, l’obiettivo è diventato del tutto realistico, ha confermato la commissaria Ue all’Allargamento, Marta Kos.
Chi invece era partito in ritardo, ma sta bruciando le tappe è l’Albania di Edi Rama, che sta registrando uno «slancio senza precedenti», ha ammesso l’Ue. Tirana, ha ricordato Bruxelles, ha già aperto cinque cluster negoziali e «sono a buon punto i preparativi per l’apertura dell’ultimo cluster», già «quest’anno». Per la Commissione, «questo risultato eccezionale è un chiaro riconoscimento del fermo impegno politico dell’Albania e delle chiare aspirazioni europee della sua società», mentre Kos ha previsto che «nel 2027» i negoziati Ue-Tirana potranno concludersi con successo, sempre che l’Albania continui a impegnarsi in particolare «nelle indagini sui trafficanti di esseri umani e nell’aumentare lo smantellamento dei gruppi criminali».
L’anno dopo potrebbe essere la volta dell’Ucraina, che però deve arginare recenti tendenze negative, tra cui la crescente «pressione sulle agenzie specializzate nella lotta alla corruzione e sulla società civile». E Moldova, altra nazione che sta facendo miracoli verso l’adesione.
Per l’Ue, ci sono però ancora troppi “discoli”. C’è – ma con delle giustificazioni – la Bosnia-Erzegovina, dove i progressi verso la Ue sono stati «minati» dalla più grave «crisi politica» che il paese abbia registrato dai tempi della guerra, leggi il conflitto attorno al leader serbo-bosniaco Milorad Dodik. Tuttavia, la recente marcia indietro di quest’ultimo fa ben sperare e si intravede una finestra per «realizzare le riforme sul percorso verso la Ue». La Macedonia del Nord, invece, è rimasta ferma perché non ha soddisfatto i desiderata di Sofia, il controverso inserimento in Costituzione della minoranza bulgara. Il Kosovo? Si impegna, ma c’è stata una «decelerazione nel ritmo delle riforme».
In Serbia, infine, si registra una «notevole decelerazione» delle riforme, ma anche problemi per «l’uso eccessivo della forza contro i manifestanti e pressioni sulla società civile» e sui media. E a Belgrado sono sempre più frequenti le «narrazioni anti-Ue». —
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