La commissaria europea Kos: «L’allargamento Ue è garanzia di sicurezza e un messaggio per Putin»
La diplomatica e politica slovena: «Dobbiamo realizzare un progetto di un’Europa unita. Vanno semplificate le regole per rafforzare la competitività economica»

Marta Kos, commissaria dell’Unione europea, il tema dell’allargamento è attuale per gli scenari geopolitici. Tra i Paesi oggi in lista per entrare nell’Ue quali sono realisticamente prossimi all’ingresso?
«In questo momento, il compito più importante dell’Unione Europea è garantire pace e libertà, e restare abbastanza forti da poter decidere autonomamente il nostro destino. Perché ciò sia possibile, dobbiamo accogliere nuovi Paesi. Solo così sarà realizzabile il progetto di un’Europa unita. Attualmente dieci Paesi sono coinvolti nel processo di allargamento, ciascuno a un diverso livello di preparazione all’adesione. Alcuni stanno attuando con grande impegno le riforme richieste dall’Ue, anche in contesti politici estremamente difficili, come l’Ucraina o la Moldavia. Non dobbiamo farci ingannare dalla durata dei negoziati di alcuni candidati: ciò che conta è quanto siano effettivamente pronti. I progressi sui valori fondamentali sono essenziali. Tra gli Stati membri esiste un ampio consenso sull’allargamento, e sono convinta che durante il mandato di questa Commissione alcuni Paesi candidati potranno concludere i negoziati di adesione. Per questo abbiamo accelerato i negoziati e, allo stesso tempo, attraverso strumenti come i piani di crescita, stiamo promuovendo la cooperazione regionale e l’integrazione progressiva nell’Ue, preparando al contempo riforme interne dell’Unione per accoglierli».
Perché l’adesione dei Paesi dei Balcani occidentali rafforzerebbe l’Ue e non la indebolirebbe?
«Per diversi anni l’allargamento non è stato una priorità dell’Ue (l’ultimo risale al 2013 con l’ingresso della Croazia). Mancavano una guida forte e la volontà politica, anche perché alcuni Stati membri ritenevano che l’allargamento avrebbe indebolito l’Ue o comportato costi troppo elevati. Tuttavia, le analisi interne della Commissione Europea mostrano che l’allargamento aumenterà la competitività, rafforzerà la sicurezza e migliorerà soprattutto la posizione geopolitica dell’Unione. E quest’ultimo aspetto, in un mondo segnato dalla contrapposizione tra sistemi democratici e regimi autoritari, è cruciale. L’idea o meglio la percezione che l’allargamento possa indebolire l’Ue deriva spesso da una scarsa conoscenza della complessità dei negoziati di adesione. Forse il termine “negoziati” non è il più adatto, perché si tratta in realtà di un processo di trasformazione e accettazione dei valori dell’Ue. Quando si parla di democrazia, Stato di diritto, valori fondamentali, non si negozia: si devono rispettare gli standard europei».
«L’avvicinamento dei Balcani occidentali, Moldavia e Ucraina all’Ue non è solo una promessa. È una priorità». Queste parole sono state pronunciate al Forum strategico di Bled. Il nuovo contesto geopolitico accelererà l’ingresso dell’Ucraina?
«Sicuramente. Sia la Moldavia che l’Ucraina stanno compiendo progressi significativi in condizioni estremamente difficili. Kiev, nonostante gli orrori della guerra, sta portando avanti le riforme. Sono fermamente convinta che l’adesione di entrambi i Paesi sia una garanzia di sicurezza per l’Europa e un messaggio chiaro a Putin: il loro cammino europeo è irreversibile. Per questo, quando parlo di allargamento, preferisco parlare di unificazione dell’Europa».
La Serbia è ancora sulla strada verso l’Ue?
«Immagino una Serbia democratica nell’Unione Europea. Ma il governo serbo deve attuare numerose riforme e continuare l’allineamento con gli standard europei, compresa la politica estera e di sicurezza comune dell’Ue. Deve garantire lo Stato di diritto, la libertà dei media e rafforzare le istituzioni democratiche, che devono lavorare per i cittadini, non contro di loro. La Serbia sta attraversando una fase complessa – da dieci mesi i cittadini protestano nelle strade contro il governo. Tuttavia, le proteste non devono mai giustificare violenza o vandalismo. Spetta a tutti i politici serbi trovare una via d’uscita dalla crisi politica e realizzare al più presto le riforme necessarie per l’ingresso nell’Ue».
In Serbia solo il 33% sostiene l’ingresso nell’Ue: è frutto della frustrazione per l’attesa?
«Sì, in parte. Il sostegno all’Ue in Serbia potrebbe essere maggiore se i media informassero in modo obiettivo sull’Unione, invece di portare avanti una campagna negativa. In passato, la Serbia ha cercato un equilibrio tra l’Est e l’Ue, ma con l’aggressione russa in Ucraina il mondo è cambiato. La Serbia dovrà decidere quale strada vuole percorrere. Anche l’UE ha delle colpe: l’allargamento non è stato prioritario per anni».
E cosa pensano i cittadini dell’Ue? Sono favorevoli all’allargamento?
«Secondo l’ultima indagine, il 56% dei cittadini dell’Ue sostiene l’allargamento, quasi il 20% in più rispetto a dieci anni fa. Mi fa piacere che oltre due terzi dei giovani siano favorevoli. Tuttavia, due terzi degli intervistati affermano di non essere sufficientemente informati. Su questo dobbiamo lavorare: io, il mio team e gli Stati membri. Dobbiamo mostrare che l’allargamento è una risposta a molte delle crisi che colpiscono l’Europa. Va presentato come un investimento strategico per una Europa stabile, democratica e competitiva».
Avete dichiarato di preferire parlare di unificazione dell’Europa piuttosto che di allargamento. L’Unione è oggi davanti a un compito storico: rafforzarsi sui fronti geopolitici attraverso l’unificazione?
«È così. Parlo di un’unificazione che si fonda sull’idea europea. Proprio quell’idea sognata da Spinelli, Rossi e Colorni nel mezzo dell’Italia fascista, nel cuore degli orrori della Seconda guerra mondiale. L’idea europea è diventata realtà grazie alla visione del ministro francese Schuman e dei leader che, dopo la Seconda guerra mondiale, ebbero il coraggio politico di unirsi e creare la prima Comunità del carbone e dell’acciaio. Fu il più grande atto di riconciliazione dopo la guerra. Anche dopo la caduta delle dittature in Spagna, Grecia e Portogallo, abbiamo integrato quei Paesi. Dopo la caduta della cortina di ferro, l’Ue ha reso possibile la transizione democratica dei Paesi dell’Europa centrale e orientale. Purtroppo, non ci siamo riusciti allo stesso modo nei territori dell’ex Jugoslavia. Se lo avessimo fatto per tempo, avremmo potuto evitare molti problemi e conflitti con cui questi Paesi si confrontano ancora oggi. Per questo, è oggi nostro dovere storico completare quel processo. Solo così sarà possibile anche la riconciliazione. E proprio la riconciliazione è qualcosa che qui, nel Litorale (Primorska), conoscete molto bene. Dopo secoli di convivenza pacifica, gli anni Venti del Novecento portarono in questa regione una politica di odio, che sfociò in atrocità inimmaginabili. Grazie all’idea europea, siamo riusciti a superare gli orrori del passato e a trasformarli in opportunità per il futuro».
La capitale della cultura europea a Nova Gorica-Gorizia è un esempio di opportunità per il futuro?
«La Capitale europea della cultura congiunta, Gorizia e Nova Gorica, rappresenta quasi un miracolo. Un miracolo creato dalle persone di entrambe le città. Questa è un’esperienza che potremmo ripetere anche nei Balcani occidentali e, forse presto, anche in Ucraina».
Sentiamo spesso voci critiche nei confronti dell’Unione. Di recente, Mario Draghi ha detto,durante un intervento a Rimini, che l’illusione dell’importanza dell’Ue è svanita e che l’Ue è solo una spettatrice geopolitica. Come risponde a questo?
«Proprio ciò che Draghi sottolinea è quello che intendo quando parlo della necessità dell’unificazione definitiva dell’Europa. Le illusioni sono finite – l’Europa deve prendersi cura di sé stessa e della propria sicurezza. È per questo che credo sinceramente nel processo di allargamento e lavoro per rafforzare i partenariati strategici con i Paesi del nostro vicinato. Dall’Islanda a Baku, da Lisbona a Chișinău possiamo trasformare l’Europa in una vera potenza geopolitica. L’unificazione dell’Europa può preservare il nostro modello di vita, rafforzare la nostra sicurezza e assicurarci un posto al tavolo dove si prendono le decisioni globali. Per farlo, però, dobbiamo anche rafforzare la nostra competitività economica – ed è proprio questo il punto toccato da Draghi. Per questo motivo la Commissione Europea ha preparato un pacchetto completo per semplificare le regole del mercato interno e soprattutto per eliminare gli ostacoli interni al suo funzionamento. Ha inoltre proposto un nuovo quadro finanziario pluriennale moderno per il futuro. Gran parte degli investimenti europei è destinato all’innovazione, al sostegno delle imprese per renderle più competitive, ma anche all’investimento nelle persone e nella loro istruzione. Non vedo il discorso di Draghi come una critica, bensì come un invito urgente all’azione. La Commissione sta già lavorando a pieno ritmo: ora tocca agli Stati membri e soprattutto al Parlamento Europeo approvare le nostre proposte».
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