Cyberattacchi da Tirana a Sarajevo, le incursioni degli hacker nei Balcani allarmano l’Ue

L’ultimo episodio in Bosnia, dove a poche settimane dal voto è finito fuori uso il sito istituzionale del Parlamento

Stefano Giantin
Il parlamento della Bosnia Erzegovina a Sarajevo
Il parlamento della Bosnia Erzegovina a Sarajevo

BELGRADO Una guerra ancora indecifrabile si combatte nei Balcani. A condurla - è il sospetto - sono misteriosi hacker o criminali informatici, assoldati da potenze straniere interessate a destabilizzare l’area. È questo il quadro, ancora oscuro e minaccioso, che si sta componendo nella regione, dove sempre più Stati stanno subendo massicci cyberattacchi. Ultima della serie è la Bosnia-Erzegovina, che si avvia verso le elezioni generali di autunno in un clima di profonda tensione, anche per le pressioni sempre più forti e frequenti che Mosca sta esercitando sul Paese.

E proprio in Bosnia ha avuto enorme eco la notizia dell’assalto al sito web ufficiale del Parlamento. «Connection timed out», «host error», gli avvisi di errore che si ricevono sul proprio browser se si cerca di collegarsi allo spazio web istituzionale. Il sito è l’ultima vittima dell’ondata di cyberattacchi che da settimane ha per bersaglio gran parte dei Balcani. «Gli utenti del sito», parlamentari inclusi, «non possono accedere ai server e alla posta elettronica», ha confermato lo stesso Parlamento bosniaco, senza fornire ulteriori dettagli.

Il succo comunque è chiaro: la classe dirigente di una nazione intera, in un periodo di grande vulnerabilità, quello pre-elettorale, è stata rispedita indietro nel tempo, all’epoca analogica, tagliata fuori dalle comunicazioni e senza accesso a documenti custoditi sui server, un fatto gravissimo. La speranza è che i dati più delicati sui server del Parlamento siano «adeguatamente protetti», ha spiegato ai media locali Vahidin Djaltur, un esperto forense in materia digitale, mentre un altro esperto di cybersicurezza, Predrag Puharić, ha specificato di aver «registrato un aumento delle attività» sospette sul web in Bosnia, un fatto «atteso, visti la situazione geopolitica». Parole che fanno il paio con gli allarmi lanciati nei giorni scorsi dall’Agenzia per la sicurezza nazionale di Sarajevo, che aveva messo in guardia su un «aumento degli attacchi informatici» osservato contro la Bosnia nell’ultimo periodo.

Ma chi si cela dietro le cyber-offensive? Troppo presto per avere conferme ufficiali, ma a Sarajevo molti media hanno suggerito l’ipotesi Russia, avvertendo del rischio di “assalti” anche ai server della Commissione elettorale e delle imprese energetiche. E forte eco hanno avuto gli allarmi dell’Ue su un possibile coinvolgimento della Russia, da mesi in prima linea nel far sentire la sua voce in Bosnia, sostenendo i serbo-bosniaci e bacchettando Sarajevo per l’avvicinamento alla Nato e l’arrivo di truppe tedesche. «Vi assicuriamo – ha dichiarato il capo della Delegazione Ue a Sarajevo, Johann Sattler – che durante queste elezioni ci saranno con alta probabilità» tentativi di intromissione, come accaduto in altri Paesi della regione: e «dobbiamo essere pronti». Il riferimento di Sattler è in particolare all’Albania, vittima di massicce incursioni lo scorso luglio, organizzate in questo caso dall’Iran per punire Tirana dell’ospitalità concessa ai mujahedin dissidenti del Mek, con l’Albania che per rappresaglia ha rotto le relazioni diplomatiche con Teheran, mentre gli Usa in risposta hanno annunciato nuove sanzioni. Cyber attacchi che sarebbero ripresi «per mano degli stessi aggressori», ha svelato il premier albanese Edi Rama, con la polizia di frontiera questa volta nel mirino e di conseguenza con fortissimi disagi alle dogane.

Intanto il Montenegro – vittima di simili episodi da fine agosto, come denunciato dal primo ministro Dritan Abazović - ancora cerca di limitare i danni di quello che è stato il maggior cyberattacco mai registrato nei Balcani. Finora. —

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