Calo demografico in Croazia, Tremul: «Gli italiani ancora restii a dichiarare la propria nazionalità»

Per il presidente dell’Ui i connazionali sono molto più numerosi

rispetto ai dati ufficiali: solo 13.763, erano 4 mila in più dieci anni fa

Andrea Marsanich
Lasorte Trieste 13/04/17 - Pola, Istria, Croazia, Tremul
Lasorte Trieste 13/04/17 - Pola, Istria, Croazia, Tremul

ZAGABRIA L’onda lunga della destrutturazione demografica in Croazia, unita ad altri fattori, ha colpito inesorabilmente anche la Comunità nazionale italiana. In base ai dati che emergono dal censimento della popolazione effettuato nel 2021, si ha che i connazionali toccano quota 13.763 nel giovane Paese balcanico – adriatico (0, 36% del totale della popolazione), circa 4 mila persone in meno rispetto alla rilevazione del 2011, che a sua volta aveva registrato un calo rispetto ai dati del 2001 (19. 636). Ritocco all’ingiù anche per i cittadini che hanno dichiarato l’italiano come madrelingua: sono stati 12.890, quasi 6 mila in meno nei confronti del 2011 e 8 mila rispetto al 2001.

demografia
In Croazia un crollo demografico del 9,6%
La redazione

L’Istria si è naturalmente confermata la regione con il maggior numero di italiani: 9.784, che vanno a costituire il 5, 01% della popolazione complessiva nella penisola. Il Quarnero ha risposto con 2. 368 connazionali (0, 89%) e restando in ambito adriatico vanno citati lo Spalatino con 142 italiani, lo Zaratino con 102, il Raguseo e il Sebenzano, con rispettivamente 44 e 43 persone dichiaratesi appartenenti all’etnia italiana. I perché del calo, sicuramente preoccupante, sono stati spiegati dai massimi esponenti della Cni.

Per Maurizio Tremul, presidente dell’Unione Italiana, si tratta di una questione complessa, che merita un’analisi articolata: «Da parte mia ho sempre contestato i numeri dei vari censimenti perchè ritengo che la nostra comunità nazionale sia più ampia rispetto a queste cifre. Ci sono persone restie a dichiararsi italiane e prova ne sia, tra l’altro, che il numero dei passaporti italiani rilasciati in Croazia è inferiore a quello dei connazionali. Anche in Istria una parte della popolazione non è stata censita e poi nel corso della pandemia non pochi connazionali non hanno aperto la porta ai censori, evitando di rispondere alle domande online. Tanti dei nostri giovani vivono e lavorano all’estero e non sono stati sottoposti a censimento, molti anziani, da sempre dichiaratisi italiani, sono purtroppo scomparsi e inoltre paghiamo dazio ai numerosi matrimoni misti. Sia chiaro, mi prendo le responsabilità per quanto verificatosi, ma personalmente sono convinto che i dati del censimento non rispecchiano la realtà. Dalla rilevazione andrebbe tolta la domanda sull’appartenenza nazionale e assicurati i diritti alle comunità autoctone, senza che si prenda come base l’incidenza sulla popolazione complessiva. Del resto ciò è contemplato dalla Costituzione croata e dalla Legge di tutela delle minoranze nazionali in Croazia».

Per Furio Radin, deputato italiano e vice presidente del Sabor, è chiaro che la minore consistenza numerica della popolazione italiana in Croazia è un risultato che non soddisfa. «Le ragioni della diminuzione sono molteplici. Innanzitutto, quando cala la cifra totale della popolazione, si ha di riflesso anche il decremento delle etnie minoritarie. Siamo, noi italiani, una comunità più anziana rispetto alla maggioranza croata, con le inevitabili conseguenze naturali. Poi tra l’80 e il 90% dei nostri giovani sono nati da matrimoni misti e in tanti, sentendosi rivolgere la domanda sull’appartenenza nazionale, optano per quella della maggioranza. Sono alle porte inoltre grandi cambiamenti globali, che speriamo siano solo economici e magari in un periodo successivo ci sarà un nuovo fluttuare in positivo. Comunque è assodato che, nonostante l’esito del censimento, nessuno dei nostri diritti andrà perduto ed io continuerò la nostra comune battaglia, specie nell’attuazione del bilinguismo».

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