Bucarest sfida Mosca sul gas: al via il progetto Neptun Deep
L’austriaca Omv e la romena Romgaz pronte a sfruttare un enorme giacimento nel mar Nero. Imminente il via alla fase di estrazione. Ma non mancano le contrarietà dei gruppi ambientalisti

TRIESTE Grandi cambiamenti si prospettano all’orizzonte, sul fronte dell’energia, con un Paese dell’Europa orientale, la Romania, che nel giro di qualche anno potrebbe trasformarsi in una vera e propria potenza del gas, a beneficio di tutta la Ue e con grande disappunto di Mosca. Ma le polemiche non mancano. È lo scenario che si sta sviluppando tra Vienna e Bucarest, in un affare miliardario che ha come epicentro il Mar Nero. Affare che riguarda il cosiddetto progetto “Neptun Deep”, un enorme giacimento di gas individuato in acque territoriali romene, che potrebbe rendere la Romania il maggior produttore di metano a livello europeo. Anzi, potrà, perché non c’è più condizionale possibile dopo la firma di una intesa tra Omv Petrom, uno dei più importanti giganti energetici dell’Europa sudorientale, controllata dall’austriaca Omv e l’azienda pubblica romena Romgaz.
Entrambi hanno pianificato lo sfruttamento a partire dal 2027 di Neptun Deep, un’area di 7.500 km/quadrati a 160 chilometri dalla costa, in acque che hanno una profondità che varia dai 100 ai mille metri, scandagliate fin dal 2008 alla ricerca di gas naturale. E i risultati dei test hanno confermato che proprio lì si cela uno dei più grandi giacimenti di gas d’Europa. Ora si passa alla fase d’estrazione. E i numeri del programma sono significativi. Numeri come i quattro miliardi di euro che sono previsti per la fase di sviluppo del progetto o come i dieci pozzi da costruire, oltre alla piattaforma offshore. E cifre soprattutto come i cento miliardi di metri cubi di gas che dovrebbero essere estratti e immessi nella rete nel giro di un decennio, una straordinaria risorsa per un Paese, la Romania, e un continente, l’Europa, che vuole svincolarsi dal gas russo.
Neptun Deep è una «svolta» epocale per «il settore energetico della Romania» e per la «sicurezza» di Bucarest, ha assicurato Christina Verchere, Ceo di Omv Petrom, mentre il general manager di Romgaz, Razvan Popescu, ha parlato di «progetto strategico» anche per l’intera regione. A gioire saranno anche le casse dello Stato, rimpinguate grazie alle royalties e alle tasse sul gas – si parla di possibili entrate per venti miliardi di euro fino all’esaurimento dei giacimenti - senza dimenticare i posti di lavoro da creare. Si è fregato le mani anche l’ex premier romeno Nicolae Ciuca, che ha stimato che la produzione di gas, grazie al giacimento del Mar Nero, decuplicherà.
Tutti poi sono stati concordi su un fatto: il progetto è innovativo, rispettoso dell’ambiente. E va letto nell’ambito della corsa alla «transizione energetica» in Romania e in Europa.
Ma non tutti ci credono ed esultano, al contrario. A riassumere le grandi perplessità di ecologisti e attivisti è stata Bankwatch, rete che da anni analizza gli investimenti sull’energia e il loro impatto sull’ambiente. La decisione su Neptun Deep rappresenta «l’ultimo chiodo sulla bara degli impegni di Ue e Romania per affrontare la crisi climatica», ha deplorato Bankwatch, parlando poi di un piano che va contro «gli accordi di Parigi» sul clima e in spregio delle evidenze scientifiche che dicono che, «per rimanere sotto gli 1,5 gradi di aumento delle temperature, bisogna lasciare i carburanti fossili dove sono», non sfruttarli con investimenti miliardari. Ma non solo Bucarest sarebbe colpevole. Documenti citati da Bankwatch rivelano infatti che la Romania riceverà almeno 1,7 miliardi da Bruxelles per nuovi progetti sul fossile, investimenti che sarebbe meglio destinare alle rinnovabili, ha aggiunto la rete. Sulla stessa linea anche Greenpeace, che ha ricordato che «l’estrazione di gas offshore ha conseguenze devastanti e irreversibili sull’ambiente marino e sulla costa». st.gi.
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