Braccio di ferro tra Croazia e Ungheria per il petrolio dell’oleodotto Janaf
Budapest irritata dalle condizioni poste da Zagabria per concedere il suo greggio. Caso all’esame dell’Ue

BELGRADO Non solo gas. Anche il petrolio, materia prima essenziale e sempre più ambita a livello europeo, rischia di provocare nuove diatribe potenzialmente laceranti, dal punto di vista economico ma anche politico, nel cuore dell’Europa. È quanto confermano gli screzi tra Croazia e Ungheria, con Budapest più che irritata a causa di una Zagabria che fa desiderare il “suo” greggio in un contesto complicato. E di difficile soluzione.
Faccenda che nasce dai crescenti allarmi dell’Ungheria di Orban, che teme di vedere prosciugarsi l’afflusso di petrolio russo via Druzhba, oleodotto “Dell’Amicizia” che trasporta nell’Europa centrale greggio degli Urali attraverso Bielorussia e Ucraina, con l’Ungheria che, malgrado la guerra, ha continuato per mesi a ricevere “oro nero” russo a prezzi di favore, grazie all’esenzione delle sanzioni contro Mosca per quanto riguarda il Druzhba. Ora entrato nella sfera d’interesse anche di Varsavia e Berlino.
L’oleodotto però, nelle ultime settimane, ha registrato seri problemi nelle forniture a causa dell’inasprirsi della guerra in Ucraina. E allora Budapest pensa a delle contromisure. Quale l’alternativa? È l’importante oleodotto Janaf, che dal terminal marittimo croato di Omisalj trasporta nafta verso la Serbia, ma ha anche un altro braccio che svolta verso nord e conduce proprio in Ungheria. Perché allora non pensare proprio allo Janaf, eventualmente per rimpiazzare il Druzhba – che serve anche Cechia e Slovacchia - si sono detti a Budapest, presentando una richiesta in questo senso durante un meeting dei ministri dell’Energia Ue. Ma la risposta croata ha gelato – e profondamente irritato – l’Ungheria.
Secondo quanto svelato da portali specializzati in affari europei, come Euractiv, la Croazia avrebbe risposto picche alla richiesta di tariffe agevolate nel caso Budapest decidesse di aumentare l’import di greggio via Croazia, con «tariffe di transito di 2,5-3 volte superiori alla media europea» a danno del colosso dell’energia magiaro Mol, rispetto al passato, ha scritto Euractiv. Le richieste croate hanno fatto andare su tutte le furie Budapest. «Non è nient’altro che approfittare della situazione di conflitto» in cui si trova l’Europa «da parte dei croati, un abuso della posizione di monopolio, un abuso per il fatto che la guerra potrebbe mettere Ungheria, Slovacchia e in parte la Cechia in una posizione di vulnerabilità», è sbottato il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, che ha chiesto alla Commissione di intervenire per trovare una soluzione. E ha parlato di «un comportamento estremamente ingiusto» da parte di Zagabria. Zagabria che, da parte sua, ha ribadito che lo Janaf può tecnicamente «soddisfare tutti i bisogni dell’Ungheria», la cui raffineria trasforma 8,1 milioni tonnellate di greggio all’anno, ha sottolineato il ministro croato dell’Economia, Davor Filipovic. Che ha però aggiunto che «ci devono essere regole uguali per tutti alle stesse condizioni di mercato», nell’ambito di una «competizione equa». E l’Ungheria, ha sottolineato il ministro, ora «ottiene greggio russo a basso prezzo via Druzhba» e vorrebbe condizioni di favore simili anche per lo Janaf. Tutto indica che ciò non avverrà, si agirà con mano dura, a livello Ue, come per la Serbia sul fronte Janaf, con il Paese balcanico che da inizio dicembre non può più importare greggio russo via Croazia.
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