Bosnia, il sì del Tribunale all’accusa contro Dodik

BELGRADO Una rinuncia al “duello”, decisa probabilmente per evitare un’ulteriore e temibile escalation della tensione, ma comunque un forfait pesante, anche dal punto di vista simbolico.
Il forfait riguarda l’Alto rappresentante della comunità internazionale in Bosnia-Erzegovina, il tedesco Christian Schmidt, che non si è recato martedì in Republika Srpska (Rs), l’entità politica dei serbo-bosniaci, com’era nei suoi programmi.
Schmidt non ha ufficialmente comunicato il cambio di programma, limitandosi a dire che i contorni del viaggio «non erano stati stabiliti in maniera definitiva» e di non aver voluto «partecipare a un teatrino» propagandistico-politico contro di lui.
Ma la conferma che il tour nella Rs era stato cancellato è arrivata da Camil Duraković, ex sindaco di Srebrenica, sulla lista – magra – degli appuntamenti che Schmidt doveva sbrigare: ma «non c’è una buona ragione per l’annullamento», ha fatto sapere sconsolato Duraković.
In realtà di ragioni ce n’erano, e il mancato arrivo di Schmidt potrebbe da una parte rafforzare Milorad Dodik, presidente della Republika Srpska, ma dall’altra indebolire l’unitarietà nazionale.
Era stato proprio Dodik nei giorni scorsi, infatti, ad avvertire Schmidt che, se avesse osato mettere piede nella “sua” Republika Srpska, sarebbe stato addirittura arrestato e rimandato a Sarajevo: una minaccia poi relativamente ammorbidita.
È «passato il tempo dei carri armati e dei fucili, è venuto quello delle uova» da lanciare contro l’Alto rappresentante, aveva avvertito Dodik domenica, ribadendo che né lui né l’intera leadership della Rs riconoscono l’autorità di Schmidt, accusato da Banja Luka di aver imposto leggi e norme antiserbe, come quella che proibisce il negazionismo di Srebrenica o la glorificazione dei criminali di guerra e di voler “depredare” i serbi di Bosnia di immobili pubblici che, in realtà, appartengono allo Stato centrale.
È arrivato anche il tempo dei divieti ad personam, confermati da una ordinanza serbo-bosniaca che ha vietato a tutti i politici e ai funzionari di usare edifici statali per incontrare Schmidt.
Ma la “resa” del politico tedesco ha lasciato a molti l’amaro in bocca. Si tratta di una «capitolazione di fronte a un politico», Dodik, «che minaccia pace, stabilità e sovranità della Bosnia-Erzegovina», ha aggiunto amaramente sempre Duraković, che oggi ricopre la carica di vicepresidente della Rs, in quota bosgnacca. La resa di Schmidt sicuramente rafforzerà Dodik, con il leader filorusso, nazionalista e pro-secessione che ha comunque tempi difficili davanti. Il Tribunale centrale della Bosnia-Erzegovina ha infatti convalidato l’atto di accusa presentato lo scorso 11 agosto dalla Procura nazionale contro Dodik e contro il direttore della Gazzetta Ufficiale della Republika Srpska, Milos Lukić.
Si tratta della contromisura istituzionale sui più che controversi provvedimenti voluti da Dodik con l’obiettivo di svuotare di ogni validità le decisioni e le delibere ufficiali dell’Alto rappresentante. Sia Dodik sia Lukić, se condannati, rischiano fino a cinque anni di carcere. Ma difficilmente finiranno in galera. «Noi sappiamo cosa difendiamo, loro non sanno chi stanno attaccando», ha cripticamente minacciato ieri Dodik, commentando l’atto di accusa ed evocando la possibilità che i serbi che siedono nelle istituzioni centrali a Sarajevo, ma anche quelli che ricoprono funzioni nell’esercito bosniaco, lascino le loro cariche.
E mercoledì, in una riunione ad alto livello convocata a Banja Luka potrebbero essere annunciate altre misure dirompenti, per la stabilità della Bosnia.
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