«Mladić sta morendo». Per il boia di Srebrenica chiesta la scarcerazione. Ed è subito polemica
Fa discutere l’istanza dei legali dell’ex generale condannato all’ergastolo
«Sottoposto a cure palliative e inguaribile, ha solo pochi mesi di vita»

Venticinque pagine per chiedere il rilascio anticipato di uno dei responsabili delle maggiori atrocità compiute durante la guerra in Bosnia: liberazione che potrebbe avvenire proprio nell’anno in cui si commemora il trentennale della sua “opera” più abietta: il genocidio di Srebrenica.
È lo scenario che riguarda il caso di Ratko Mladic, ex generale serbo-bosniaco, leader militare dei serbi di Bosnia durante il conflitto negli Anni Novanta, condannato in via definitiva all’ergastolo per crimini di guerra, contro l’umanità e genocidio: sulla sua coscienza atti efferati come l’assedio di Sarajevo e, appunto, i massacri del luglio 1995. Ma il boia di Srebrenica, da anni molto malato, non dovrebbe morire in carcere, bensì nel letto della sua casa, circondato dagli affetti più cari.
È la richiesta – destinata a far discutere – presentata questa settimana dal team difensivo dell’ex generale, a firma dell’avvocato Dragan Ivetić, al Meccanismo residuale internazionale per i tribunali penali (Mict), organo succeduto al Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia per gestire gli ultimi procedimenti ancora aperti. Non è la prima volta che gli avvocati di Mladic tentano la via della scarcerazione anticipata per il loro assistito – l’ultima nel 2024, rigettata – condannato in secondo grado e detenuto al Centro di detenzione delle Nazioni Unite all’Aja (Undu).
Ma questa volta, leggendo le carte, quelle 25 pagine di richiesta di liberazione, la sfida appare più sostanziata che in passato. Vi si legge infatti che i «servizi medici» della stessa Undu avrebbero ammesso che Mladic, 83 anni, sarebbe ormai un paziente in condizioni gravissime, sottoposto solo «a cure palliative», dunque un «inguaribile» per malattie non svelate al grande pubblico. E la cui «aspettativa di vita si misura in mesi», non si sa quanti con precisione, perché la stima è stata censurata dal Tribunale.
Di certo, secondo i legali di Mladic, «vista la natura terminale e inguaribile della malattia e la breve aspettativa limitata, la detenzione non serve il suo legittimo principio e si avvicina» al concetto di «trattamento inumano».
Tenuto conto del quadro, la mozione con carattere di urgenza chiede il rilascio «per ragioni umanitarie» di Mladic. E sarebbe questa l’unica decisione possibile, visti i precedenti – caso Goran Hadžić e altra giurisprudenza del Tribunale per l’ex Jugoslavia, con casi e scelte simili in Italia, Germania o Francia –, dato che quando un detenuto è sottoposto ormai solo «a cure palliative» ed è un «malato terminale» si dovrebbe concedergli la libertà, visto che «non c’è rischio di fuga», perché l’ex generale è ormai allettato. E sarebbe moralmente accettabile concedere a Mladic di finire i suoi giorni «in famiglia e con medici che parlino la sua lingua».
Cosa deciderà la Corte? Impossibile fare previsioni, ma in Serbia i tabloid filogovernativi sono già sulle barricate, a sostenerne la causa. «I medici dell’Aja mi hanno detto che è a un passo dalla morte, ma non vogliono metterlo per iscritto», ha accusato il figlio di Mladic, Darko, dalle colonne del giornale Informer. «Inumano lasciare Mladic in carcere», ha fatto eco il Novosti, con il quotidiano Politika che ha pure dato ampio spazio alla richiesta e alle opinioni di Darko Mladic. «Mai ridare la libertà al macellaio», soprattutto mentre si avvicina «l’anniversario del genocidio», il clima sui social. Commenti punteggiati da qualche, sempre più isolato, «Ratko Mladic eroe». —
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