A Bled Costa conferma la linea dell’Ue: «L’allargamento è una priorità»
A Bled il presidente del Consiglio europeo rinnova l’impegno, ma glissa sulle tempistiche

Promesse rinnovate, ma questa volta meglio glissare su date e scadenze, enfatizzate in passato, proprio per non suscitare entusiasmi infondati, per evitare frustrazioni. E nuove delusioni. Si può sintetizzare così uno dei discorsi più attesi ieri, primo giorno della ventesima edizione del Bled Strategic Forum (Bsf). È stato quello del presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, che ha dato il la al consesso, esattamente due anni dopo il discorso esplosivo del suo predecessore, Charles Michel.
«Entrambe le parti», Ue e Balcani, dovrebbero essere pronte ad abbracciarsi «entro il 2030», l’impegno solenne di Michel. Costa, invece, si è limitato a ribadire che «i percorsi di adesione dei Balcani occidentali, della Moldavia e dell’Ucraina non sono solo promesse, sono priorità» per Bruxelles. «Nei prossimi anni, dovremo preparare l’Ue all’allargamento, attraverso riforme, aggiustamenti di bilancio e una governance rafforzata», ha aggiunto, assicurando che l’allargamento «non sarà facile, ma ne varrà la pena».
Di certo, già oggi c’è un «momento positivo», ha detto Costa, citando in particolare il Piano di crescita per i Balcani, potenzialmente strumento strategico per avvicinare la regione all’Ue. «Tutti i leader devono fare la loro parte, non parliamo di geografia, ma di valori, democrazia, diritti umani, stato di diritto», ha però puntualizzato Costa, precisando che i Paesi balcanici devono «adottare un cambio di mentalità, «superando conflitti storici per costruire un futuro comune», è quello «l’ostacolo maggiore», non le riforme.
Sulla stessa linea anche la commissaria Ue all’Allargamento, Marta Kos, seduta a fianco al padrone di casa, il premier sloveno Golob, all’omologo croato Plenković e ai primi ministri di Podgorica e Tirana. Allargamento che è l’«unificazione» dell’Europa. E serve «leadership» per arrivarci, come quelle dei premier di Montenegro e Albania, Milojko Spajic ed Edi Rama, che credono che «il meglio per il loro Paesi è l’adesione». E non ci saranno «scorciatoie» su stato di diritto, democrazia, libertà dei media, ha detto Kos.
Kos «sta facendo un grande lavoro, siamo una buona squadra e avremo risultati in questi cinque anni», ha sottolineato invece l’Alto rappresentante Kaja Kallas. Nonostante la prudenza, qualche data è stata evocata. Rama ha menzionato il 2027, anno in cui Tirana vuole «concludere i negoziati». Per andare avanti bisogna essere «studenti diligenti» agli occhi di Bruxelles, non fare troppe domande, ha ironizzato il premier albanese, ricordando che gli albanesi «amano l’Europa» incondizionatamente, malgrado i ritardi nel processo d’adesione. Spajić ha affermato che è tempo di «focalizzarci sul futuro per non essere irrilevanti», basta pensare «al passato».
«Allargamento è priorità? Non ne sono sicuro», ha commentato Plenković, ricordando che la Croazia rimane l’ultimo Paese entrato nel club e che le potenze che decidono veramente rimangono Germania e Francia. Più «l’allargamento è lento» più problemi e influenze maligne esterne ci saranno, ha suggerito, mentre sul palco si è ricordato, senza nominarlo, l’imminente viaggio di Vučić a Pechino, a incontrare Xi e Putin e ad ammirare una mega-parata militare cinese. L’allargamento «non è un favore», ma un obiettivo «strategico e la Ue deve mantenere le promesse», il richiamo della ministra degli Esteri slovena Fajon. E i Balcani, con Moldova e Ucraina, devono essere «pienamente integrati». —
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