Balcani, adesione all’Ue entro il 2030: rimane però aperto il nodo Kosovo-Serbia
Al summit organizzato dalla Macedonia del Nord si sono riuniti i leader di Serbia, Kosovo, Albania, Montenegro, Bosnia, Slovenia e Croazia

SKOPJE. Anelito sincero a entrare nella Ue in tempi non lunghissimi, accelerando il processo d’allargamento e raggiungendo l’obiettivo entro il 2030, ma anche maggior impegno per combattere il cambiamento climatico – le cui drammatiche conseguenze durante l’estate si sono viste dalla Slovenia fino alla Grecia, passando per Croazia e Serbia – e arginare la fuga dei cervelli, un fenomeno endemico sempre più grave. Ma del nodo più importante, quello dei rapporti tra Kosovo e Serbia, nessuna menzione nel documento finale, comunque approvato, dopo il flop dell’anno scorso.
Si può riassumere così il nuovo round della cosiddetta “Iniziativa di Brdo-Brioni”, format a livello presidenziale lanciato nel 2010 nei Balcani, sotto l’egida di Slovenia e Croazia, per rilanciare l’integrazione europea della Regione e approfondire la cooperazione regionale. Tappa, quella del 2023, che è stata ospitata a Skopje dal presidente macedone Stevo Pendarovski, affiancato dalla presidentessa slovena Nataša Pirc Musar e dall’omologo croato Zoran Milanović, a un tavolo che ha visto sedersi insieme, fatto non da poco, il presidente serbo Vučić ma anche la parigrado del Kosovo Vjosa Osmani, oltre al presidente albanese Beqaj, ai tre membri della presidenza tripartita bosniaca Željka Cvijanović, Denis Bićirović e Željko Komšić e al neo-presidente montenegrino Milatović. Incontro ai massimi livelli che, a differenza dell’anno scorso, si è tradotto in un documento finale, la cosiddetta “Dichiarazione di Skopje”. Che probabilmente non passerà alla storia per una sua visione ambiziosa.
Il punto più importante, infatti, su cui tutti hanno concordato, è quello di «accelerare il processo di adesione alla Ue», che rimane secondo i politici riunitisi a Skopje il «garante» più importante di «pace e stabilità», un fattore-chiave ai tempi della guerra in Ucraina. «Sia i Balcani sia la Ue devono essere pronti per l’allargamento, il prima possibile e comunque non più tardi del 2030», si legge nel testo, che rappresenta dunque una sorta di “endorsement” alla strategia tracciata in Slovenia, da Bled, dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. E i temi irrisolti, in testa il dialogo Serbia-Kosovo?
I leader riuniti a Skopje, con altissima probabilità a causa di dissidi tra Vučić e Osmani, si sono limitati a «confermare» che le «buone relazioni di vicinato sono essenziali» per procedere sulla strada verso la Ue, come lo sono anche le «soluzioni pacifiche ai rimanenti dissidi bilaterali». Nulla di più. Dissidi, è emerso sempre ieri a Skopje, che difficilmente saranno superati in quello che, negli auspici della Commissione, dovrebbe essere un vertice decisivo, quello tra Vučić e il premier Kurti, il 14 settembre a Bruxelles. Sarà un incontro «difficile», ha anticipato il leader serbo parlando da Skopje, aggiungendo addirittura di non prevedere niente di buono, non solo per l’oltranzismo di Kurti, ma anche perché «i rappresentanti di Bruxelles» sarebbero ormai schierati a tutto tondo a favore della «indipendenza del Kosovo».
E il 2030 evocato da Michel e di nuovo a Skopje? «Andrebbe benissimo se fosse così, ma non ne sono sicuro», il commento sibillino di Vučić . Meglio allora pensare ad altri temi, come il cambiamento climatico, appunto, fenomeno che non conosce confini e che i leader balcanici hanno promesso di affrontare «con la transizione e la crescita verde». E cercando di porre un freno all’emigrazione dalla regione, che sta letteralmente prosciugando i Balcani di forza lavoro. Ma qui serve «la collaborazione della Ue», ha concordato, perché chi cerca un futuro migliore e un lavoro meglio pagato e appagante non potrà essere certo convinto con chimere che parlano di Ue, forse, nel 2030.
Riproduzione riservata © il Nord Est