Autostrada per Sarajevo, Vucic accelera. L’infrastruttura fa gola a Cina e Turchia

Aperto il cantiere di quella che era stata presentata come l’arteria della pace e si dimostra in realtà solo un affare serbo
Stefano Giantin

BELGRADO Un’accelerazione più che positiva su un progetto infrastrutturale cruciale, per i Balcani, ma anche la consueta scia di polemiche e controversie, come spesso accade. E poi su tutto l’abituale immischiarsi nell’ambiziosa iniziativa di grandi potenze extra-Ue, come Turchia e Cina. Sono gli aspetti che connotano l’idea - emersa nel 2017, sponsorizzata personalmente da Erdogan e poi segnata da problemi e ritardi nella realizzazione - della cosiddetta “Autostrada della pace”, quella che un giorno dovrebbe collegare due capitali dal passato doloroso e dal presente complicato, Belgrado e Sarajevo.

Negli ultimi anni, complice la pandemia e beghe politiche locali, poco si è mosso, su questo fronte. Ieri, una svolta. È quella a cui si è assistito a Velika Obarska, poco lontano da Bijeljina, nell’entità serbo-bosniaca della Bosnia-Erzegovina, la Republika Srpska (Rs). Lì, in un grande cantiere già pieno di camion e ruspe, tra bandiere serbe e della Rs, il presidente serbo Vucic, il membro serbo della presidenza bosniaca Dodik e la presidentessa serbo-bosniaca Cvijanovic hanno inaugurato i lavori di una futura sezione dell’autostrada, la Bijeljina-Raca, lunga 20 km, che andrà poi a congiungersi con l’autostrada già esistente per Belgrado, nei pressi di Kuzmin, dopo aver superato il fiume Sava su un nuovo ponte già eretto. Si tratta di un progetto ambizioso, da 100 milioni di euro in gran parte investiti dalla Serbia, coperti anche da un prestito turco, che sarà completato nel giro di un paio d’anni da imprese serbe e serbo-bosniache, tassello fondamentale della parte nordoccidentale della futura autostrada Belgrado-Sarajevo, una sorta di “anello” che congiungerà le due capitali in due direzioni, una via Bijeljina-Brcko-Tuzla e l’altra a Est, via Pozega-Uzice-Pale.

Ma per ora, l’autostrada della pace sembra essere un affare solo serbo. Lo confermano la cerimonia di ieri, non a caso organizzata nella “Giornata dell’unità” del popolo serbo e le parole degli ospiti d’onore. È «un gran giorno per la Republika Srpska, questa strada moderna è simbolo della nostra unità nazionale» perché collegherà a breve Rs e Serbia, ha affermato Cvijanovic. «Se solo sapeste quanto amiamo la Rs e cosa significate per noi, a prescindere dal rispetto per la Bosnia», ha fatto eco Vucic, che ha sottolineato che nel giro di qualche anno da Bijeljina si arriverà a Belgrado in poco più di un’ora. «Sì, quando non ci saranno più frontiere» tra Rs e Serbia, ha maliziosamente aggiunto Dodik, che ha accolto Vucic in Bosnia con un «benvenuto tra i tuoi» e ribattezzando l’opera come «autostrada dell’unità serba». No, «siete nel territorio della Bosnia indipendente e sovrana, cooperazione equa sì, occupazione no», ha replicato con fermezza da Sarajevo il politico bosniaco Denis Becirovic. Vucic, va detto, ha però mantenuto ben altri toni, invitando i serbo-bosniaci a «parlare con i bosgnacchi», così che si costruiscano anche le sezioni verso Tuzla e poi fino a Sarajevo. Su questo fronte si era impegnato lo stesso Erdogan nei giorni scorsi, promettendo di lavorare per «velocizzare» l’opera.

I serbo-bosniaci nel frattempo hanno siglato un’intesa da 300 milioni di euro con la China State Construction Engineering Corp per la sezione Vukosavlje-Brcko (33 km), perché «non vogliamo essere ricattati dall’Occidente» con i suoi prestiti, ha detto Dodik. E della pace, l’accidentata ma fondamentale opera, manda ancora troppo deboli segnali.

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