A Zara l’ultimo viaggio dell’Atlant, il “decano” dei pescherecci dell’Adriatico

Lo scafo era stato varato nel 1908. Di proprietà della famiglia Blagdan, affondato da una tromba d’aria, è stato demolito

Andrea Marsanich
Alcune immagini dell’Atlant, incluso il recupero dopo l’affondamento Foto Slobodna Dalmacija
Alcune immagini dell’Atlant, incluso il recupero dopo l’affondamento Foto Slobodna Dalmacija

ZARA. Demolizione. È il triste destino a cui è andato incontro quello che viene e veniva ritenuto il più vecchio peschereccio attivo nelle acque dell’Adriatico orientale, l’Atlant, costruito a Fiume nell’ormai lontanissimo 1908.

L’imbarcazione, di proprietà di Šime Blagdan, degno rappresentante di un’antica famiglia di pescatori di Cuclizza (Kukljica in croato), località dell’isola dalmata di Ugliano, era colata a picco nel settembre di due anni fa, colpita in pieno da una tromba d’aria che aveva sollevato il natante per poi affondarlo in pochi minuti.

Nessun componente dell’equipaggio era rimasto ferito, con i sette pescatori che, finiti in mare poco al largo di punta Pardo nell’isola di Eso (Iž), avevano raggiunto la costa a nuoto, sani e salvi.

Il recupero dopo l'affondamento
Il recupero dopo l'affondamento

Il loro Atlant, invece, era affondato, adagiandosi a 64 metri di profondità, per poi venire riportato in superficie due giorni dopo. Lo scafo e altre strutture avevano resistito bene all’affondamento, mentre non c’era stato nulla da fare per i generatori di corrente, giacchiaia, ecoscandaglio, la parte elettronica, tutto danneggiato senza possibilità di riparazione. Ci sarebbe voluto un investimento pari a mezzo milione di euro, e i Blagdan – seppure a malincuore – avevano deciso di rinunciare.

Al restauro e soprattutto al loro Atlant, mandato al disarmo – definiamolo così nel cantiere speciale di Lamiana, situato nell’isola di Ugliano, facente parte dell’arcipelago di Zara.

Subito dopo essere stato recuperato, il peschereccio – lungo 18 metri e largo 4, 6 – era stato trainato fino a Cuclizza, attendendo lì la sua fine, giunta un anno e otto mesi dopo l’imperversare del violento vortice. «Sono giorni difficilissimi per la mia famiglia – ha dichiarato il 63enne Šime Blagdan ai media – ricordo che i miei l’avevano acquistato quando il sottoscritto aveva 6 anni, nel 1967. Da allora è stata la nostra principale fonte di sostentamento e posso dire che senza la tromba d’aria l’Atlant, che poteva raggiungere la velocità di 10 nodi, avrebbe potuto navigare ancora per lunghi anni. In famiglia lo chiamavano l’Uomo, abbiamo sempre avuto il massimo rispetto per questo natante, che consideravamo uno di noi. La sua sorte ci ha spezzato il cuore».

Per la demolizione, lo Stato croato ha versato ai Blagdan la cifra di 200 mila euro.

«È incredibile come la Croazia – ha concluso Šime – spenda più denaro per demolire un’imbarcazione che non per la sua riparazione.

Purtroppo è andata così e tutta la famiglia ha accompagnato Atlant nel suo ultimo viaggio». Da quanto è dato ufficialmente sapere, Atlant era stato acquistato nel 1951 per il fabbisogno dell’Acquario di Ragusa (Dubrovnik).

Nove anni dopo era stato venduto all’Istituto oceanografico di Cattaro (Montenegro), diventando di proprietà dei Blagdan, come già detto, nel 1967.

Se n’è andato dunque per sempre un altro pezzo della lunghissima e gloriosa storia marinara dell’Adriatico.

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