Modello Zohran? Da New York spunti per la sinistra
La proposta della nuova star della politica americana non è così innovativa: a contare è il carattere innovativo ed emergente della leadership

Chiamiamolo MZ: Modello Zohran. Per chi si fosse perso le ultime notizie dagli Usa, il riferimento è al neosindaco di New York, Zohran Mamdani. Giovane, immigrato, musulmano, socialista: insomma, la “cosa” più lontana da Donald Trump e dai canoni della destra radicale populista.
È MZ, allora, la formula magica anche per la sinistra europea e italiana? Dobbiamo immaginarci Elly Schlein o Giuseppe Conte promettere trasporti gratuiti, super-tasse per i super-ricchi, o tuffarsi in mare a gennaio per lanciare le proprie proposte – nel caso di Mamdani, la promessa di congelare gli affitti, oltre al candidato?
Se guardiamo alla piattaforma politico-ideologica, la proposta della nuova star della politica americana non è poi così innovativa. Mostra come esista ancora uno spazio per il populismo di sinistra. Quello per cui popolo si declina (anzitutto) in termini economici: come “classe”, la parte più bassa della società, i tanti-che-hanno-poco contrapposti ai pochi-che-hanno-tanto. E inesperienza è sinonimo di estraneità all’establishment.
«Combatteremo per voi perché siamo voi», ha promesso Mamdani, nel classico gioco di specchi tra la storia personale del candidato e quella dei propri sostenitori. È evidente, in questo, il tentativo di muoversi sulla scia di Obama. Con un tasso superiore di radicalismo e di ideologia, che lo avvicinano maggiormente a Sanders e Ocasio-Cortez.
Ma anche alla nuova sindaca di Seattle Katie Wilson. Anche per questo, come hanno sottolineato in molti, difficilmente il Modello Zohran sembra poter andare oltre le metropoli delle due coste.
Alcuni ingredienti della ricetta MZ potrebbero tuttavia apparire utili anche per gli aspiranti leader del campo largo italiano. Anzitutto, riprendendo ancora gli slogan della campagna newyorkese, la necessità di abbandonare la postura di chi vuole “dare lezioni” in favore di un approccio orientato all’ascolto.
A partire dal malessere che attraversa ampie fasce della popolazione, in particolare quelle più fragili. Il che non significa, necessariamente, avanzare proposte insostenibili sotto il profilo economico o punitive nei confronti dei ricchi.
C’è poi, soprattutto, il carattere innovativo ed emergente della leadership. Il suo profilo mediale. Attributi che si coniugano con il modello di coinvolgimento dal basso dei volontari (e di raccolta delle donazioni). Si traducono nella capacità di coinvolgere e galvanizzare la base dei supporter, in particolare i più giovani. E di giocare, in modo magari leggero e scherzoso, ma sempre in prima persona. A guardare bene, però, anche questo mix di partecipazione e leadership non è affatto una novità.
Neanche al di qua dell’oceano. Neppure per i pretendenti alla guida della coalizione progressista, che sugli stessi elementi hanno costruito le fasi più fortunate della propria esperienza. Basti pensare all’uso della rete fatto, alle origini, dal M5s. O all’introduzione delle primarie all’italiana, nel percorso che ha portato alla nascita del Pd. Senza andare a cercare a migliaia di chilometri di distanza, senza ricorrere a formule esotiche, basterebbe forse riscoprire la forza di quella spinta. E la volontà di mettersi veramente in gioco.
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