L’iraniano e il cinese: due pesi, due misure

I casi Xu Zewei e Abedini mostrano notevoli somiglianze: l’arresto in Italia, la richiesta di estradizione, il Paese richiedente (gli Stati Uniti), la tipologia e la gravità delle accuse contestate. Ma due diversità balzano agli occhi

Valentine Lomellini
Il cinese Zewei Xu arrestato su mandato Usa
Il cinese Zewei Xu arrestato su mandato Usa

Il Covid 19 è ormai un ricordo lontano nella memoria di molti. Ma le conseguenze di quegli anni di destabilizzazione della sicurezza personale e nazionale, date dall’emergere di una delle più imponenti pandemie a livello globale, sono ancora tangibili. Non solo per i lutti che hanno inciso nella vita di troppi, ma anche rispetto alle possibili violazioni di protocolli di sicurezza a livello globale.

È questo il caso della recente notizia del fermo di Xu Zewei, un cittadino cinese di 33 anni arrestato in Italia con una pluralità di accuse che vanno dalla frode telematica al furto di identità aggravato sino all’associazione a delinquere finalizzata alla frode telematica, fra le altre.

Un pacchetto di imputazioni che potrebbe costargli più di 20 anni di reclusione. L’arresto, avvenuto in Italia, è stato condotto sulla base di un mandato di ricerca internazionale: gli Stati Uniti ne chiedono l’estradizione e oggi si deciderà in merito.

Il caso assume una particolare rilevanza per due ragioni. La prima è che l’Fbi contesta a Xu Zewei di aver agito per conto «di autorità appartenenti al governo cinese» che gli avrebbero de facto commissionato l’azione di intelligence informatica per carpire informazioni scientifiche relative al Covid 19. Non il caso di un singolo hacker, dunque, quanto piuttosto quello di una rete strutturata che avrebbe tentato di estorcere informazioni, in una situazione di crisi globale, per conto di uno Stato (da cui, peraltro, la crisi sanitaria stessa era partita).

Il secondo elemento è l’assonanza. Vi ricordate il caso Abedini? Sono trascorsi poco più di sei mesi da quando l’ingegnere iraniano esperto di droni venne arrestato in Italia su richiesta degli Stati Uniti. Gli Usa ne chiedevano l’estradizione per aver esportato sofisticati componenti elettronici in Iran, in violazione delle normative e delle sanzioni statunitensi contro il suo Paese d’origine.

Abedini però venne liberato nel gennaio 2025, scatenando un ampio dibattito sulla possibilità che la sua mancata estradizione fosse correlata alla liberazione di Cecilia Sala, la giornalista italiana imprigionata senza giusta causa in Iran proprio in quelle settimane.

Scambio o meno, appare evidente che i casi Xu Zewei e Abedini mostrano notevoli somiglianze: l’arresto in Italia, la richiesta di estradizione, il Paese richiedente (gli Stati Uniti), la tipologia e la gravità delle accuse contestate.

Vi sono, tuttavia, due diversità che balzano agli occhi. La mancanza di attenzione della stampa nazionale sul caso attuale che, se si esclude l’intrigante incrocio delle vicende Abedini-Sala, ha dei tratti ancora più gravi rispetto a quello del dicembre 2024 per la presunta condotta del governo cinese. Senza poi menzionare la diversità del contegno delle forze politiche.

Perché Xu Zewei potrà essere estradato verso gli Stati Uniti, mentre per Abedini il governo italiano si è opposto a questa opzione?

L’unica risposta che pare oggi plausibile è quella dettata dal diverso Paese d’origine dei due cittadini coinvolti. Una politica del doppio standard adottata dal governo nostrano, che mette in rilievo l’importanza (e la pre-esistenza) della storica «politica dell’attenzione» italiana nei rapporti con l’area mediorientale.

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