Il derby Schlein-Meloni al test decisivo nelle Marche
Le Marche si trasformeranno nell’Ohio di queste elezioni: la regione capace di fare la differenza per chi se la aggiudicherà


C’era un tempo in cui anche Giorgia Meloni non era riconosciuta come leader del centrodestra. Ma Fratelli d’Italia viaggiava intorno al 4-6 per cento, poi Giorgia dal 2018 al 2022 rimase fuori dai governi bipartisan e ingrassò i suoi consensi fino a che Silvio Berlusconi fu costretto a cederle lo scettro. Il bacino di pesca di Lega e FdI però era ed è più o meno lo stesso (sicurezza, immigrazione, e via dicendo), ma quando Salvini ha fallito le prove di governo, i voti (e le casacche) sono trasmigrati da una sigla all’altra, in tutto lo stivale. Da allora la leader indiscussa è Giorgia: nel centrodestra, l’assioma che chi ha più voti guida la carovana non è in discussione. Nei partiti di centrosinistra sì. Tanto che Matteo Renzi punta a metter su una “tenda riformista” sul modello di Silvia Salis a Genova, con ambizioni di guida magari per un novello leader federatore che peschi consensi al centro, dove si vince.
Oggi Giuseppe Conte non riconosce il principio “comanda chi ha più voti” ed è pronto a vender cara la pelle forse anche alle primarie: sa di trainare il carro non sul piano dei consensi, ma su quello dei contenuti radicali e populisti, quelli che vanno per la maggiore anche a sinistra. In sostanza i 5stelle dettano l’agenda del centrosinistra, come si vede dalle iniziative di piazza e in Parlamento. Dunque Elly Schlein la sua agognata premiership dovrà sudarsela e una vittoria o una sconfitta alle regionali d’autunno sarà dirimente. Il “cappotto” 4 a 1 che il Pd spera di cucire sulle spalle della destra, la vittoria in tutte le regioni al voto, tranne il Veneto, potrebbe infrangersi su un ostacolo piccolo ma politicamente pesante. Tale da influenzare l’esito delle regionali e anche la partita per la leadership del centrosinistra.
Elly e Giorgia per poter dire di aver vinto devono conquistare le Marche, che si trasformeranno nell’Ohio di queste elezioni, la regione capace di fare la differenza per chi se la aggiudicherà. Governata da un uomo di FdI, Francesco Acquaroli, presidente uscente ma superato nei sondaggi allo sprint di partenza dal suo concorrente, l’eurodeputato Matteo Ricci, sceso in campo un anno dopo aver fatto il pieno di voti per Bruxelles. Ma negli ultimi giorni qualcosa è cambiato: i sondaggi vedono Acquaroli in ripresa, forse grazie all’endorsement dell’ex ct della nazionale Roberto Mancini; e ai suggerimenti di un volpone come Italo Bocchino, che ha fatto virare in positivo la campagna dell’unico candidato in campo di Fratelli d’Italia. Per il quale si spenderà in prima persona anche la premier.
Secondo, Carlo Calenda, con un segnale anche in vista delle politiche, ha mollato Ricci per un termovalorizzatore negato: provocando la sfaldatura del campo larghissimo che in tutte le regioni al voto sta facendo respirare Schlein dopo la sconfitta nel match suicida dei referendum. Ebbene, se nell’Ohio italiano la spunterà Ricci, Elly potrà dire di aver strappato una regione a Giorgia e di aver vinto: sempre se restassero alla sinistra Toscana, Puglia e Campania. Altrimenti, la premier potrà dire che nulla è cambiato, tutto come prima, quindi bene.
Sarebbe un colpo ai sogni di gloria di Schlein, che se la deve vedere non solo con Conte, ma anche con Enzo de Luca: che se si candidasse in qualunque forma in Campania causerebbe la debàcle del grillino Roberto Fico e a ruota di Elly Schlein e delle sue speranze di premiership. —
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