I messaggi nella bottiglia di Papa Leone
Il primo viaggio apostolico del pontefice in terra musulmana continua un percorso che la Chiesa cattolica di Roma ha intrapreso da più di mezzo secolo ormai, con l’enciclica di Papa Giovanni XXIII Pacem in terris, frutto del clima nuovo che il Vaticano II ha inaugurato

Lo “scontro delle civiltà” di cui parlava trent’anni fa il noto libro di Samuel Huntington è in realtà uno scontro tra grandi fedi religiose, quasi sempre originate da tradizioni antiche, anche quando si trasformano in ideologie pseudo-laiche fortemente connotate da prospettive politiche generali o anche, talvolta, contingentemente geopolitiche.
Il viaggio di Papa Leone di questi giorni in terra musulmana come è la Turchia neo-ottomana di Recep Tayyip Erdoğan, e nel Libano straziato da tensioni mai sopite tra le diverse confessioni religiose dimostra come anche il nuovo pontefice, al primo viaggio apostolico, continui un percorso che la Chiesa cattolica di Roma ha intrapreso da più di mezzo secolo ormai, con l’enciclica di Papa Giovanni XXIII Pacem in terris, frutto del clima nuovo che il Vaticano II ha inaugurato. Su quel percorso hanno camminato con convinzione i suoi successori, in primo luogo Paolo VI, il grande papa bresciano.
È così che una religione, monoteistica e quindi apparentemente destinata a un orizzonte “esclusivista” che, come tale, sembra indurre al conflitto è diventata oggi l’unica grande confessione religiosa portatrice di un messaggio di pace a tutti gli «uomini di buona volontà».
Come è stata possibile questa sorta di metamorfosi, un cambiamento di atteggiamento così radicale dopo secoli di guerre di religione che la Chiesa di Roma ha combattuto non solo con i fedeli di altre religioni, ma anche con altre confessioni cristiane, dopo la Riforma di Lutero, o con la cultura filosofica “laica” dall’inizio dell’Età Moderna in poi? Con il Concilio Vaticano II, di cui Papa Montini è stato il regista, la Chiesa Cattolica ha saputo recuperare un “messaggio nella bottiglia”, lanciato proprio all’inizio della Modernità da un filosofo e chierico “eterodosso”, che giganteggia nella storia della cultura europea: Erasmo da Rotterdam, il cui pensiero segna il punto più alto dell’Umanesimo italiano declinato in sinergia con una versione rivisitata del Messaggio cristiano. Che per Erasmo consisteva in un unico dogma: «Ama Dio e il prossimo tuo».
E siano le tue opere improntate a quella imitatio Christi che affratella a tutti gli altri uomini, al di là di ogni altra fede religiosa e ogni diversa credenza morale. E sii in questo modo autentico portatore di pace.
Le opere di Erasmo furono subito messe all’Indice dei libri proibiti, nel Cinquecento. Ma il suo pensiero è riapparso, seppur implicitamente, in tutta la dirompente validità nel magistero di una Chiesa che nel secondo Novecento ha saputo costruire su quelle idee una nuova Cristianità davvero “cattolica”, cioè universale, portatrice di una pace nata dalla fratellanza. Pace che non vuol dire rinuncia a difendere, secondo necessità e con tutti i mezzi che la necessità impone, i valori che rendono la vita nell’«al di qua» degna di essere vissuta, la libertà, la giustizia, la lotta contro ogni prevaricazione. Contro tutte le ideologie ancora oggi imperanti, come il nazionalismo risorgente. Che spinge addirittura, purtroppo, un Patriarca cristiano-ortodosso a bandire una “guerra santa”, da Mosca, contro l’Europa di oggi figlia, per fortuna, del “messaggio nella bottiglia” del chierico di Rotterdam. —
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