Tutti i rischi della libertà senza regole

L’elemento più importante del discorso di Vance a Monaco sono le accuse all’Europa che, secondo lui, sta morendo perché ha tradito il suo ideale: ma è davvero così?

Vincenzo Milanesi
JD Vance a Monaco di Baviera
JD Vance a Monaco di Baviera

Shock and awe. Termini del linguaggio dei militari. Che abbiamo sentito più volte risuonare nelle cronache dopo l’intervento del vicepresidente Usa JD Vance a Monaco di Baviera. Che sia stato uno scossone (shock) che ha provocato sbigottimento (awe), non c’è dubbio.

Così come sconcertanti sono tutte le prese di posizione di Donald Trump. Che vuole deportare i palestinesi da Gaza, dove non si sa, per impossessarsi della loro terra, perché lì costruiremo tanti bei resort. E che all’Ucraina imporrà una pax americana, ma che sarà quella che vuole Vladimir Putin.

Con l’Ue fuori dai giochi, che pure dovrà garantire che da quella pax non si scateni un’altra guerra, poco importa se coinvolgerà anche altri Stati ora liberi e sovrani, per ricondurli all’ovile del Russkij Mir del bel tempo antico dell’imperialismo prima zarista e poi sovietico.

Non dobbiamo farci sfuggire l’elemento più importante del discorso di Vance: le accuse all’Europa che, secondo lui, sta morendo perché ha tradito il suo ideale.

Quale?

Quello della libertà “vera”, da cui solo nasce una “vera” democrazia. Libertà che non ha, né può avere, alcun limite, se è veramente tale. Come non ne può avere il free speech. Anche a costo di non distinguere tra loro verità fattuali ed evidenti falsità, definite come “verità alternative”, e “più vere” di quelle spacciate per vere dal deep State e dalla cultura woke, senza timore di scambiare la libertà di espressione con una licenza di mentire impunemente.

È invece proprio in questo concetto di libertà sbandierato dalla nuova leadership americana, che si nasconde il principio che porterà alla dissoluzione della democrazia, intesa come liberal-democrazia, un sistema che pone limiti strutturali all’esercizio di qualunque potere, trasformandola in una “democrazia illiberale”. Che non impedisce, anzi favorisce il formarsi di oligarchie e potentati di vario genere e specie.

Come già negli ammiratori ed emuli di Trump e Vance in Europa sta accadendo, nell’Ungheria di Viktor Orbań. Esaltando una concezione della libertà senza vincoli di alcun genere, sono stati fatti saltare i limiti che creano i “contrappesi” al potere esecutivo, che sanciscono diritti individuali che nessun governo anche se “eletto dal popolo” deve avere il potere di eliminare.

Sono limiti che esprimono “regole”, che vanno rispettate per non trasformare la società in qualcosa di molto simile al Far West, uno dei miti fondativi della società americana, nel quale la forza dei diritti soggettivi degli individui cede il passo al diritto della forza.

Questo sembra essere il modello, mutatis mutandis, della cultura politica americana di Trump, costruita sull’amore per la libertà senza limiti che spalanca le porte a movimenti politici come in Europa quello di Alice Weidel, leader di Alternative für Deutschland, sdoganandolo proprio in nome di quel tipo di libertà.

Una società in cui si teorizza una concezione simile della libertà, lascia spazio agli intolleranti per creare condizioni che porteranno all’eliminazione della tolleranza stessa. Sta tutta qui la differenza profonda che si manifesta oggi tra la cultura politica dell’Europa uscita dalle tragedie del Novecento e il “verbo” (pseudo) libertario dell’America trumpiana. Per questo l’Atlantico si è fatto più largo. Davvero “c’è un nuovo lo sceriffo in città”. Ma ci fa già rimpiangere il vecchio. 

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