Dove nasce l’ostilità antifrancese

Non passa giorno che la nostra stampa di destra non sferri un attacco alla Francia. Che con tutti i suoi limiti e oggi anche i suoi debiti, resta una media potenza capace di influenza nel mondo e di leadership in Europa, con cui l’Italia avrebbe tutto l’interesse a cooperare anziché competere

Diego Marani
Il presidente Emmanuel Macron
Il presidente Emmanuel Macron

Non passa giorno che la stampa di destra in Italia non sferri un attacco alla Francia e in particolare al suo presidente Emmanuel Macron. Dalle accuse di aver tentato di “incrostarsi” nell’incontro fra Trump e Zelensky in Vaticano il giorno delle famosa terza sedia, alla poco lusinghiera definizione di “anatra zoppa” appioppatagli assieme al cancelliere Merz, i giornali che appoggiano il governo non ci vanno leggeri con un paese che non è solo nostro alleato ma anche il nostro secondo partner commerciale, in una campagna denigratoria che non ha precedenti né emuli in Europa.

C’è da dire che la destra italiana è sempre stata antifrancese, in quanto ha sempre visto la Francia come una rivale in Europa e nel Mediterraneo. È vero che, pur se l’abbiamo sempre chiamata la nostra sorella latina, esiste un’insofferenza italiana nei confronti della Francia, una ripicca per quella sua grandeur auto-percepita che però alla fine funziona.

In fin dei conti, al netto delle guerre, noi italiani – e ancora di più la nostra destra politica – ci siamo sempre intesi meglio coi tedeschi, acerrimi nemici che però conosciamo molto bene, perché li frequentiamo dai tempi del Sacro romano impero.

Intervistata sulla questione, Meloni ha risposto che con la Francia abbiamo una «sana competizione». Ma una sana competizione la si può avere con i propri pari e per molti aspetti l’Italia non è proprio alla pari della Francia.

Non si dimentichi che la Francia è pur sempre una potenza atomica autonoma, l’unica in Europa, perché il Regno Unito dipende dagli Usa nell’uso della propria. Le forze armate francesi hanno partecipato a recenti conflitti, come quello siriano e sono in grado di muovere guerra in zone lontane del mondo, come hanno fatto fino a un paio d’anni fa in Africa occidentale, dove di fatto difendevano interessi europei contro le milizie islamiste e da cui sono state estromesse dall’avanzare della Wagner russa favorita da militari golpisti, come in Mali, Niger e Chad.

Grazie alle briciole delle sue antiche colonie, la Francia resta il paese al mondo con la maggior estensione di acque territoriali, il che vuol dire fondali marini e quindi risorse minerarie ma anche approdo in mari lontani e strategici, come l’indo-pacifico.

La Francia conduce una politica estera assertiva e ha aree di interesse strategico in cui riesce a mantenere una presenza e un’attrazione, anche nella difficoltà, come oggi in Nuova Caledonia.

I grandi gruppi dell’industria francese si sono comperati negli anni diverse eccellenze della nostra piccola impresa che, pur nella loro genialità, sono state incapaci di crescere a livello mondiale: una debolezza endemica dell’impresa italiana. La Francia è il primo produttore agricolo nell’Ue mentre noi arriviamo solamente terzi e mentre noi ci condanniamo da soli alla subalternità chiudendoci alla carne sintetica e rinunciando a un mercato che si annuncia promettente, la Francia è all’avanguardia nella ricerca agroalimentare e sta già producendo il foie gras sintetico.

La Francia insomma, con tutti i suoi limiti e oggi anche i suoi debiti, resta una media potenza capace di influenza nel mondo e di leadership in Europa, con cui l’Italia avrebbe tutto l’interesse a cooperare anziché competere.

Nell’industria militare per cominciare, producendo insieme gli armamenti che servono al riarmo dell’Europa e che ci affrancherebbero dalla sudditanza agli Usa ma anche nel controllo del Mediterraneo, non solo in materia di immigrazione, che è diventata quasi un’ovvietà, ma soprattutto per controbilanciare il peso dell’Ue nordica con una più forte coesione dell’Ue mediterranea.

Invece di avventurarsi da sola in un piano Mattei destinato ad essere irrilevante per la scarsità di risorse, l’Italia avrebbe interesse ad allearsi con la Francia e di riflesso con l’Ue per sviluppare una politica europea in Africa che abbia una visione strategica, solo modo per contrastare russi e cinesi.

Nell’ormai inevitabile prospettiva di un’Europa a due velocità, una maggiore intesa franco-italiana permetterebbe di costituire assieme a Polonia, Spagna e Germania il gruppo di paesi in grado di passare a un livello superiore di integrazione e imporsi infine come un’Europa forte, coesa e padrona del proprio destino.

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