Trump e Putin contro l’Europa unita: il futuro passa da una Ue più forte

Il tycoon è contro il multilateralismo e le organizzazioni sovranazionali

Marco Panara

Donald Trump e Vadimir Putin, non ce l’hanno con l’Europa, ce l’hanno con l’Unione Europea, fanno quelli che ritengono essere i loro interessi e cioè togliere di mezzo una potenziale potenza per avere a che fare con ventisette ininfluenti stati da mantenere divisi per così trasformarli in gregari, dell’uno o dell’altro.

E perseguono i loro valori, che vedono il predominio della forza e dei vantaggi economici a scapito della libertà, del welfare, dell’inclusione, del progresso civile.

Si sentono dominatori ed è più facile dominare un’Europa divisa che una Europa unita.

E il nostro interesse qual è? Non essere una potenza per dominare su altri, ma esserlo per non essere dominati da altri, esserlo per difendere il nostro modello, che vede nella libertà, nella democrazia, nel welfare, nell’inclusione, nel progresso civile i valori fondanti. Ma la partita non è solo questa, quello che sembra sfuggire a molti, politici e cittadini, è che in ballo c’è anche il nostro tenore di vita.

I cittadini europei sono benestanti, il livello della disuguaglianza è alto, troppo alto, ma non così alto come per esempio negli Stati Uniti, per non parlare della Russia, epperò questo tenore di vita e questo sia pur precario equilibrio sociale sono a rischio. Sono il rischio dal quale dipendono anche gli altri, ovvero i già citati libertà, democrazia, welfare, inclusione, progresso civile, perché una società che si impoverisce diventa più divisa, più conservatrice, più reazionaria.

Allora la cosa chiave da capire è se possiamo mantenere e migliorare tutto ciò che abbiamo, e che incautamente diamo per scontato, muovendoci ogni Stato per suo conto, magari uniti da un filo europeo debole, oppure se l’unione fa la forza e quindi abbiamo più possibilità procedendo insieme in una Unione Europea forte abbastanza da non essere gregaria né degli Stati Uniti, né della Russia, né della Cina né, in un prossimo futuro, dell’India o di alcuna altra potenza che emergerà.

La risposta corretta, al di là degli opportunismi di alcuni soggetti politici e dall’ingenuità di molti cittadini, è la seconda.

Una difesa europea autosufficiente non serve per aggredire nessuno ma per evitare che qualcuno ci aggredisca; l’autonomia tecnologica, che è presupposto di quella strategica, ci serve non per non comprare più tecnologie americane o cinesi ma per non dipendere da esse, per avere cose preziose da scambiare, per creare lavoro di qualità, benessere e ricchezza (facendo in modo che sia equamente distribuita).

Negli ultimi trent’anni la differenza tra il reddito europeo e quello americano si è allargata essenzialmente non per quello che è accaduto nei settori tradizionali ma per il contributo dato a quella americana dal suo primato tecnologico. Possiamo costruire una autonomia tecnologica andando ognuno per conto suo?

Sono le aziende Usa che gestiscono quel primato tecnologico, la principale destinazione di quel drenaggio di risparmio europeo che ogni anno sposta di là dell’Atlantico oltre 350 miliardi. Possiamo permetterci di investire ogni anno una cifra del genere fuori dai confini dell’Europa? È nel nostro interesse? È nel nostro interesse non avere un mercato unico dei capitali che, insieme a opportunità di investimento adeguate trattenga una parte di quelle risorse e magari ne attiri altre? Non si tratta di smettere di investire negli Stati Uniti o dovunque ci siano buone opportunità, si tratta di essere l’Europa stessa un luogo dove ci siano altrettante opportunità.

La crisi climatica è un problema reale e non viene cancellato perché il presidente degli Stati Uniti la nega. Non possiamo risolverla da soli, ma dobbiamo fare la nostra parte, con equilibrio, senza ideologismi ma con pragmatico realismo.

Non è nell’interesse del pianeta seguire il vento negazionista ma non lo è neanche nell’interesse dell’Europa, che dipende dal resto del mondo per le fonti fossili, se riuscissimo a ridurre il nostro bisogno fino a cancellarlo elimineremmo una dipendenza, avremo più risorse per altri utilizzi e spingeremo, senza aver bisogno di interferire con le scelte interne di ciascun paese esportatore, a un progresso che la rendita petrolifera ha consentito di differire.

Donald Trump diffida del multilateralismo e delle organizzazioni sovranazionali, predilige la legge del più forte. Dovranno chiedersi prima o poi gli americani se sia davvero la strada giusta perché non è detto che gli Stati Uniti siano il più forte per sempre.

Ma noi europei, dilaniati da secoli di sanguinose guerre all’interno del continente, sappiamo bene che la legge del più forte ha il suo sbocco più naturale nel conflitto.

La legge condivisa, non quella del più forte, è una conquista della civiltà ed è il modo più avanzato che gli uomini hanno creato per evitare o gestire il conflitto. Gli organismi multilaterali sono un patrimonio prezioso ed è nel nostro interesse continuare a difenderlo.

Per tutelare tutti questi interessi però non basta esserne consapevoli, bisogna affrontare i problemi enormi e difficili che la loro difesa pone.

Non basta prendersela con Trump, non basta avercela con Putin, non basta avere paura dell’invasione delle merci cinesi.

Bisogna riprenderci in mano il nostro destino smascherando gli opportunisti che guardando orizzonti brevi e di parte sono pronti a sacrificare il futuro di tutti, e convincere gli “ingenui”. Ricordando a tutti che il passato guardato con nostalgia non ritorna, che il mondo si è fatto più piccolo e non ci si può chiudere ad esso, che le paure non fermano il progresso della tecnologia, che le migrazioni non si fermano con il razzismo, ma gestendole con misura e saggezza. E intanto lavorando per rafforzare l’equilibrio sociale che anche in Europa si è fatto precario e impegnandoci non per indebolire l’Unione Europea ma per migliorarla, rendendola più forte e capace di difendere quegli interessi che forse ci sembrano lontani ma segnano ogni giorno la qualità della vita e condizionano il futuro di tutti noi.

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