Siamo padroni della nostra esistenza? La domanda chiave nel dibattito sul suicidio assistito

Ritenere che sia caritatevole aiutare che vuole morire significa ammettere l’esistenza di un omicidio “buono”. Un’umanità in cui le nostre vite sono collegato è migliore dell’ognun per sé

Ferdinando CamonFerdinando Camon
Marco Cappato durante la raccolta firme per la legge sul fine vita promossa dall'Associazione Luca Coscioni
Marco Cappato durante la raccolta firme per la legge sul fine vita promossa dall'Associazione Luca Coscioni

C’è un problema nel suicidio assistito ed è questo: se uno si suicida, è un atto che riguarda lui solo, o in qualche modo chiama in causa anche conoscenti e amici che l’hanno aiutato? Quando arrivò il film “Per chi suona la campana”, fu corredato di una didascalia che spiegava il titolo così: «Ogni persona che muore mi diminuisce, perché io appartengo all’umanità, perciò non chiedere “per chi suona la campana”, essa suona per te».

Perciò se uno si suicida, non segna soltanto un fallimento della sua vita, ma un po’ anche della mia, della nostra. Lui non ha saputo vivere per noi o per me, ma neanch’io ho saputo vivere per lui. Un uomo è disperato, non riesce più ad accettare di vivere, giudica vantaggioso morire. Morire è un guadagno, vivere è un dis-guadagno. Noi che stiamo bene non riusciamo a capire che esista una forma di vita che ci fa dire: «Non la voglio, a questa vita preferisco la non-vita, piuttosto che esistere come sto esistendo, è meglio non esistere, in nessuna forma e da nessuna parte».

Le regole (giuste) che valgono in questo momento stabiliscono che nessun altro possa compiere l’atto suicidario se non il suicida stesso, il suicida non può uccidersi per mano altrui. Per questo il suicidio assistito mi appare come un problema interpretativo. Se c’è chi aiuta il suicida, ai miei occhi, c’è chi lo uccide.

Ritenere che sia caritatevole aiutare il disperato che vuole morire significa ritenere che possa esistere un omicidio “buono”, fatto per amore. Tutto dipende dalla risposta che diamo alla domanda “di chi è la vita”, se il vivente sia padrone assoluto della sua vita e possa anche buttarla via, o sia legato agli altri viventi da vincoli di convivenza. Io non ho una risposta, ma credo che un’umanità in cui tutti siano collegati dal vivere insieme sia migliore di un’umanità in cui vige l’ognun per sé

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