Energia, caro bollette: un male italiano che frena la competitività

Il prezzo medio all’ingrosso dell’energia elettrica in Italia è quasi doppio rispetto alla Francia, pesa un terzo in più di quello tedesco ed è il 78 per cento più caro di quello spagnolo

Marco ZatterinMarco Zatterin
Per i consumatori l'energia elettrica è aumentata di quasi il 50 per cento dal 2020 sul mercato regolato
Per i consumatori l'energia elettrica è aumentata di quasi il 50 per cento dal 2020 sul mercato regolato

L’Italia è il Paese in cui prezzo medio all’ingrosso dell’energia elettrica è quasi doppio rispetto alla Francia, pesa un terzo in più di quello tedesco ed è il 78 per cento più caro di quello spagnolo. Dal punto di vista delle imprese, ciò costituisce un freno evidente alla capacità di essere competitivi rispetto ai concorrenti europei; per le famiglie rappresenta un costo ingiustificato.

È una questione grave e riconosciuta che richiederebbe soluzioni strutturali e invece no: il governo immagina un nuovo intervento temporaneo per aiutare i cittadini vulnerabili e uno sconto per le aziende, mosse che rinviano il problema e non lo cancellano. Fra un anno, a bocce ferme, saremo da capo a dodici. E, senza la volontà (per ora assente) dei Ventisette, non potrà venirci nemmeno in aiuto, come dovrebbe e potrebbe, l’Europa.

Giorgia Meloni sa bene cosa bisognerebbe fare. Per convincere gli elettori a votarla, nell’autunno del’22, la premier ha sbandierato il giusto divorzio commerciale fra energia alternativa e gas nella determinazione delle bollette. Il disaccoppiamento (decoupling), ovvero la separazione fra le fonti originarie, il vento e il sole dagli idrocarburi. In Italia il prezzo dell’energia ricavata da risorse rinnovabili (poco costosa) viene equiparato a quello derivato dal gas, anzi “dal gas più caro”. In pratica, valutiamo il verde quanto il nero peggiore.

Oggi la quota termoelettrica a gas pesa poco più del 40% della generazione complessiva, però è lei che fa il prezzo. La conseguenza è che la luce per i consumatori è aumentata di quasi il 50 per cento dal 2020 sul mercato regolato (fonte: Codacons).

Puntare sull’efficienza di trasmissione e disaccoppiare i fattori di prezzo come ha fatto la Spagna, come chiedono le imprese e come suggeriva la maggioranza prima di essere eletta sarebbe il passo concreto nella giusta direzione. Purtroppo si pensa ad altro, anche per non ridurre i ricavi dei colossi pubblici che finanziano il Tesoro coi dividendi. Il governo studia a un bonus da 55 euro l’anno per le famiglie con un Isee inferiore ai 20 mila euro, cinque euro al mese. Spesa considerata: un miliardo. Briciole, comunque. Con un argomento aggiuntivo: è certo corretto aiutare i bisognosi, ma non si capisce perché, per chi ha un reddito “normale” o più, sia giusto pagare la luce più del resto dell’Europa. Senza contare che l’assenza di interventi che cambino il meccanismo di fatturazione farà sì che la questione si riproponga tale e quale quando l’aiutino finirà.

Servirebbe il piano presentato mercoledì dalla Commissione Ue per un sistema elettrico continentale con cui distribuire l’energia verde. La stima è che occorrano 1, 2 trilioni di euro di investimenti in quindici anni per modernizzare le reti esistenti e piazzare nuovi interconnettori. Il guaio è che mancano i capitali comuni, e anche la volontà di troppe capitali ad affidarsi a connessioni elettriche transfrontaliere. Si spera nei privati, circolo dove molti ritengono sciocco investire in un sistema che ridurrà i prezzi ai cittadini e, conseguentemente, i loro ricavi.

A Bruxelles dicono che senza un intervento immediato, l’onere non potrà che crescere per tutti, tuttavia si fa fatica a essere ottimisti: l’Europa, di questi tempi, manca di energia e quella che c’è, in molti Paesi a partire dall’Italia, è pure troppo cara.

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