Separare gli orchestrali della Fenice dallo scontro sindacale solo così torna il dialogo

Quando il sindacato diventa la voce esclusiva dell’orchestra, quando il pubblico viene fomentato contro le scelte della direzione la disputa esce dall’ambito tecnico-artistico e si trasforma in una questione politica e sociale accompagnata da tensioni ideologiche legate a temi più generali quali il ruolo dello Stato nella cultura

Maria Laura Faccini*
Una manifestazione degli orchestrali della Fenice a Venezia
Una manifestazione degli orchestrali della Fenice a Venezia

La nota controversia sulla nomina di Beatrice Venezi a direttore musicale de La Fenice rappresenta un momento emblematico per riflettere sul ruolo dell’orchestra all’interno delle istituzioni lirico-sinfoniche e pone con forza la necessità di chiarirne la natura e il ruolo come corpo professionale e artistico distinto e autonomo rispetto alla dimensione sindacale, per valorizzarne il contributo epistemico nel dibattito artistico e decisionale.

Nella vicenda emerge con evidenza che a farsi portavoce ufficiale e protagonista delle istanze dell’orchestra sono principalmente i rappresentanti sindacali, con il rischio di confondere la natura del conflitto trasformando una questione principalmente artistica e tecnica in una disputa sindacale, privando così l’orchestra della possibilità di esprimere una posizione qualificata e autonoma.

L’orchestra del Teatro La Fenice non è un’organizzazione sindacale o un gruppo di lavoratori di un’azienda in crisi, è invece un corpo professionale che come tale può esprimere un giudizio fondato sull’esperienza artistica concreta e sulle competenze tecniche maturate nel lavoro quotidiano con le quali fornisce un contributo di conoscenza insostituibile alla qualità delle produzioni.

Essere corpo professionale significa promuovere la stabilità e la coerenza artistica attraverso un dialogo costruttivo con la governance istituzionale, senza ridursi a un confronto meramente sindacale.

Questa distinzione è fondamentale per evitare che conflitti artistici e professionali si trasformino in contrapposizioni rigide e improduttive che, spostando il focus dall’eccellenza artistica alla scena di uno scontro istituzionale e corporativo, rischiano di ledere la reputazione e la credibilità dell’istituzione.

Un approccio efficace dovrebbe separare chiaramente queste due dimensioni, garantendo da una parte voce e partecipazione al corpo professionale nel governo artistico e nella programmazione, dall’altra trattando le questioni contrattuali, economiche e sindacali con la giusta attenzione ma senza sovrapposizioni che rischiano, come sta accadendo, di virare in scioperi inconcludenti.

Il problema principale de La Fenice in questo momento non è il maestro Venezi né la legittimità della rappresentanza sindacale, ma il fatto che la seconda diventi la voce esclusiva o prevalente dell’orchestra, oscurando il ruolo dell’orchestra stessa come soggetto tecnico-artistico e contribuendo così a un conflitto rigido e improduttivo. Quando il sindacato diventa la voce esclusiva dell’orchestra, quando il pubblico viene fomentato contro le scelte della direzione, quando le posizioni si polarizzano, la disputa esce dall’ambito tecnico-artistico e si trasforma in una questione politica e sociale più ampia accompagnata da tensioni ideologiche legate a temi più generali quali il ruolo dello Stato nella cultura, e i modelli di governance pubblica. Una chiara separazione tra dimensione sindacali e professionale, con un dialogo diretto sul piano artistico tra orchestra e direzione, è la chiave per depoliticizzare la questione e tutelare al meglio la qualità e la stabilità del Teatro.

*già componente Consiglio di Indirizzo Fondazione Teatro La Fenice

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